Come si fa ad accogliere dei ragazzi con un handicap mentale, e anche grave, e a vivere in casa con loro per tutta la vita? Come hanno fatto Guenda e Anne, giovani e belle ragazze a prendere la decisione e la responsabilità di formare una piccola famiglia con Fabio e Maria nel 1981? Come hanno fatto, negli anni, ad arrivare tante altre persone, assistenti e persone con disabilità, a vivere qui?

La comunità del Chicco l’11 dicembre 2011 ha compiuto 30 anni e il 18 dicembre, accogliendo parenti e tanti, tantissimi amici, li ha festeggiati.

Il Chicco è oggi una realtà splendida e molto articolata: in un grande terreno verdeggiante a Ciampino, poco fuori Roma, ci sono 3 focolari cioè tre belle villette dove vivono oggi 17 ragazzi con Magda, la responsabile, gli assistenti impiegati e quelli volontari, che spesso arrivano da paesi molto lontani, e un bel numero di amici e parenti che continuamente fanno visita, vengono a dare una mano. Poi c’è la cappella con Gesù sacramento sempre presente; questa chiesetta all’occorrenza diventa grande aprendo le porte al salone Shalom e può accogliere molte persone. Attaccato si trova il centro diurno con 4 laboratori dove si svolgono attività di riabilitazione, sviluppo dell’autonomia e lavori creativi con funzione educativa; vi partecipano anche altri ragazzi che il pomeriggio tornano nelle loro famiglie. Infine ci sono gli uffici col personale amministrativo e, di recente costruzione, c’è una bellissima piscina attrezzata utilizzata in estate.
Chissà se Guenda ed Anne avevano mai pensato che la loro piccola famiglia potesse “allargarsi” così tanto? Cosa le ha spinte a lanciarsi in un’avventura che, a guardare la strada fatta, ha dell’incredibile?

Guenda ed Anne cercavano risposte ad un loro desiderio profondo. Entrambe venivano da un’esperienza di Fede e Luce, conoscevano Jean Vanier, entrambe sentivano come proprio il desiderio di una Chiesa rinnovata, ispirato dal clima del dopo concilio, di una vita cristiana cioè che, ritornando un po’ alle sue radici, fosse vissuta come insegnava Gesù con “i più poveri” e in totale semplicità.

Dice Guenda in un’intervista del 1983: “Formare una piccola famiglia con due bambini e portatori di handicap, fra i più poveri, tra coloro cioè che hanno trascorso i loro anni in brefotrofio, è stato il desiderio comune al quale abbiamo voluto dare una risposta. Fabio e Maria, in effetti, non li abbiamo scelti, sono venuti loro verso di noi, dandoci la risposta che il nostro cuore chiedeva. Li abbiamo aspettati… certo, pregando! Per loro abbiamo cercato una casa, chiesto aiuto e, finalmente, nel dicembre dell’81 li abbiamo accolti, imparando presto a vivere insieme”.

Così mi sembra di capire queste piccole famiglie, dove i ragazzi e gli assistenti vivono la loro quotidianità oggi: le loro amicizie, le loro gioie e i loro problemi, non sono frutto di una scelta costruita a tavolino (e chi potrebbe mai pensare di averne la capacità e il coraggio?!), ma piuttosto della consapevolezza di un desiderio profondo che partiva dal cuore, di dare e ricevere amore, e che questo desiderio, dall’esperienza della condivisione di vita con questi “piccoli”, ebbene questo desiderio ha trovato risposta!

Così alla festa per i 30 anni da quel primo nucleo familiare, c’erano tantissime persone con doni e sorrisi a non finire. Sono stati proiettati dei video: quello della prima intervista a Guenda ed Anne quando c’erano solo Fabio e Maria nell’unica casetta Il CHICCO; poi il video che raccontava la storia di ogni membro della comunità, i loro arrivi anno per anno, ed anche le interviste agli assistenti che lavorano lì e si capisce che sono ancora in tanti a trovare risposta ai desideri del proprio cuore! Aina in un’intervista dice semplicemente “loro hanno bisogno di me e io sento che ho bisogno di loro”. Don Secondo, che ha accompagnato il CHICCO per tanti anni come assistente spirituale, mi dice “questo è un luogo di guarigione, che ti riporta all’essenziale” e sento dire ancora in varie forme “mi sono trovato nella mia acqua” e Magda “ho capito che era il mio posto”.

Il Chicco è davvero un luogo di guarigione, ma non solo perché i ragazzi trovano la cure di cui hanno bisogno; c’è una reciprocità di guarigione e di benessere nella vita comunitaria che ho potuto sperimentare personalmente da quando ho iniziato a lavorare al Chicco e posso fare molti esempi.

Oggi tutti facciamo fatica a tenere i ritmi di una vita ogni giorno più frenetica, la moltiplicazione delle forme di comunicazione e la loro velocizzazione, non ci hanno aiutati a diventare più bravi nel comunicare semmai il contrario. Anche quest’anno ho mandato gli auguri di Natale a 300 o più persone con un messaggio e-mail o SMS e alla fine non mi ricordavo neppure più a chi li avevo fatti o non fatti gli auguri… Al Chicco devi imparare ad avere pazienza e attenzione per comunicare con i ragazzi e per fare l’augurio o il regalo giusto all’amico; a Maria ad esempio, chi l’avrebbe mai detto, per farle cosa gradita devi augurarle che piova! Infatti lei adora le gocce di pioggia in cui si può specchiare, e te lo chiede mettendosi vicino alla finestra con quel dito e quello sguardo verso l’alto: “vorrei che piovesse…”

Penso a quanto tempo della mia vita ho corso dietro alla ricerca di un lavoro che desse merito alle mie capacità, più stabile, più pagato, e quanto mi sono angosciata per questo pensando continuamente “qui in questo posto ci sto lavorando di passaggio, devo ancora trovare il posto giusto…” Arrivata qui in comunità incappo in Danilo che è un esperto a valorizzare e gratificare le persone e non si lascia sfuggire un attimo per vivere contento in compagnia, così, anche se sono arrivata da dieci minuti mi chiede: “Ti fermi a pranzo?” e alla risposta affermativa esclama: “Evvai!!!” con un gesto di vittoria delle braccia! E tu come fai a non sorridere e sentirti al posto giusto!

E penso ancora a quante volte ho detto che mi sono stressata, stanca, e chiacchierando con gli amici si programmava un weekend benessere, oppure un massaggio, o si parlava dell’ultimo ritrovato per toglierci la stanchezza di dosso; in comunità arriva Silvia che ti “obbliga” , sedendotisi in grembo, ad abbracciarla stretta stretta da dietro per almeno 15 minuti, e tu scopri che affondare nella sua morbidezza è la cosa più piacevole e rilassante che hai provato da un sacco di tempo.

Potrei fare altri mille esempi ed ogni giorno è una nuova scoperta, un nuovo piccolo frutto che, chi è passato di qui ha scoperto ed ha portato con sé… un segno di una vita più umana come recita la carta dell’Arca. Allora non resta che dire per questi 30 anni di frutti: grazie Chicco!

Annick Donelli

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.117

30 anni del Chicco: “Dandoci la risposta che il nostro cuore chiedeva” ultima modifica: 2012-03-16T09:55:58+00:00 da Annik Donelli

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