Ho iniziato ad andare al campo rom questo anno senza aver mai fatto un’esperienza di volontariato prima. Il campo si trova a Spinaceto ed è composto da prefabbricati, camper, roulotte e baracche, anche se il mese scorso hanno fatto sbaraccare tutti coloro che risiedevano in abitazioni non legali.

Il mio servizio consiste nel fare il dopo scuola a una bambina di 12 anni, che si chiama Monica e fa per la seconda volta la prima media, è una ragazza molto sveglia per la sua età ma non vede alcuna utilità nel sapere l’inglese e la matematica. Ho provato a spiegarle di quanto sia importante la cultura e il proseguimento degli studi almeno fino alla terza media, ma lei già sa che il suo unico futuro è simile a quello delle sorelle: sposate a 14 e 15 anni. Mi ha spiegato che le sue sorelle maggiori non sono state obbligate a sposarsi, è stata una loro scelta pensata, infatti, poiché la figlia più grande dentro casa si deve dare da fare anche per i fratelli più piccoli, hanno pensato bene di prendere al volo le proposte di matrimonio.

Il matrimonio, per la loro cultura, è l’evento più importante per tutta la comunità, si organizza mesi e mesi prima, si comprano e cuciono i vestiti tipici, le donne di tutte le età vengono accuratamente truccate e i capelli conciati, si chiamano i musicisti direttamente dalla Macedonia( la terra da cui provengono) , si balla e si mangia.

Monica mi dice che a lei i ragazzi non piacciono, anzi le fanno “schifo” ma tra un po’ si sposerà, come tutte del resto. Tutte queste cose me le racconta per evitare gli esercizi di grammatica e i teoremi di geometria, mi diverte ascoltare e inoltre credo sia importante istaurare un rapporto non troppo professionale, che del resto sarebbe impossibile avendo 5 anni di differenza.

Nonostante le chiacchiere questo anno va molto meglio, mi dice, e la maestra le ha detto che non verrà bocciata; sarei stata curiosa di vedere la sua pagella di metà anno, ma i genitori devono ancora andare a ritirarla (da circa 2 mesi).

La prima volta che si va a un campo rom la cosa che maggiormente ti colpisce sono la quantità di bambini che girano e, aihmè, anche la puzza. Sembra una piccola città che appartiene esclusivamente ai bambini di tutte le età, che, non andando a scuola scorrazzano tutto il giorno per il campo, mentre i papà rimediano la pagnotta e le mamme rassettano i letti.

Uno dei motivi per cui ho iniziato questo tipo di servizio è stato quello di voler evitare ogni pregiudizio e pensiero preconfezionato dai media e dalla società, per conoscere in prima persona un popolo diverso e interessante proprio per questo; a fronte della mia esperienza posso dire che non è un costume tipico rubare, ma solamente l’ultimo dei metodi per tirare avanti, come per molti altri d’altronde; infatti, il lavoro tradizionale dei rom è quello di vendere il ferro. Questo lavoro, come si può facilmente immaginare non è molto redditizio e i soldi non bastano, soprattutto per famiglie molto numerose. Inoltre, pensare che i rom rappresentino un problema per l’Italia è un’assurdità, anche dal punto di vista numerico, essendo questi ultimi solo lo 0,3%.

Al di là di tutti i pregiudizi razziali i bambini sono tutti molto simili, poi maturando diventeranno brave o cattive persone, e il mio compito è solamente quello di aprire a una bambina come le altre una possibilità di vita migliore, convincendola che, nonostante la scuola sia noiosa e stancante, le offre un futuro invidiabile rispetto a quello delle sorelle e dei suoi amici.

Flaminia Cabras , 2011

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.114

Doposcuola al campo Rom ultima modifica: 2011-06-04T17:40:14+00:00 da Flaminia Cabras

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