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Questo articolo è stato scritto molti anni fa. Nella lettura potresti incontrare termini ormai desueti o sgradevoli per la sensibilità attuale. Abbiamo scelto di mantenerli per non tradire il contesto in cui sono stati scritti.

Fino ad ora la scienza ci ha saputo dire tanto poco della maggior parte degli handicap dei nostri bambini; infatti essa è solo al livello di tentativi per darci una risposta e per scoprirne le cause e i rimedi. Medicalmente rimane tutto un mistero.

Non è però a questo mistero che mi voglio adesso riferire ma piuttosto al mistero della persona e della personalità del bambino handicappato che bisogna scoprire con amore e contemplazione, serenamente e anche con tanta speranza.

Io so che ci sono dei genitori che dal proprio figliolo non sperano più nulla.

Certo, ogni genitore programma per il proprio figlio una strada tutta particolare che tante volte però egli non sa trovare. Allora si rimane delusi perché non si è riusciti a fargliela percorrere, e così facendo si chiude la via ad ogni speranza.

Bisogna sempre tenere presente che un bambino, anche se handicappato, ha la propria personalità che deve sviluppare per arrivare ad essere ciò che deve essere.

Il periodo di educazione del bambino handicappato sarà molto più lungo: avrà più bisogno di essere aiutato e protetto, ma questo non vuol dire però che esternamente deve essere iperprotetto. La iper-protezione e la trascuratezza portano agli stessi identici risultati: il bambino handicappato lo diventa ancora di più, in quanto viene considerato in una sola dimensione: “il bambino problema”.

Il problema non si risolve chiudendosi in se stessi, ma aprendosi verso il mondo che ci circonda, chiedendo aiuto agli altri e cercando di capire anche i loro problemi Ci si accorgerà così che anche propri problemi a poco a poco possono essere vissuti con minore difficoltà.

Bisogna quindi fare lo sforzo di “offrire” il nostro problema a chi ci sta accanto ma senza acredine o addirittura aggressività. “Io dò ciò che sono capace di dare” pronta non solo a ricevere aiuto ma anche a darne.

È vero che la società non è stata mai troppo aperta ad accettare il bambino handicappato ma io vi chiedo: è forse aperta ad accettare altri problemi di altre persone diverse?

Dipende quindi anche da noi, dal nostro piccolo contributo, educare e modificare questa società ad una apertura capace di accogliere le nostre aspettative.
Servono per questo le leggi e le strutture adatte ma servono soprattutto le persone disponibili, le persone di cuore. È però necessario, per giungere a questo, che anche il nostro cuore muti.

Non è positivo pensare che tutti ce l’hanno con noi; è molto più positivo essere convinti che qualcuno è con noi.

Un figli handicappato può essere una gioia?
Io so che nessuno di voi genitore cambierebbe il proprio figlio con nessun altro.
In questa grande verità è però racchiusa una componente di rassegnazione o una componente di accettazione?

Non dobbiamo perdere di vista che la vita in sè è per tutti noi un mistero ed è molto importante per non avere frustrazioni, capire che nella vita esistono molte situazioni che sfuggono alla nostra logica.

Mettere nel cammino delle nostra vita la realtà del mistero è un grande aiuto.

La stessa cosa accade per il futuro dei nostri bambini. Bisogna essere più fiduciosi, cercando di creare intorno a noi un’apertura specialmente nel mondo di oggi che ci offre tanta insicurezza.

Tutte le persone hanno bisogno di due cose fondamentali: di essere amate e di non sentirsi sole.

Dott.ssa Maria Teresa Puerto, psicologa, 1977

Questo articolo è tratto da:
Insieme n.12, 1977

Un figlio handicappato ultima modifica: 1977-03-20T10:20:34+00:00 da Dott.ssa Maria Teresa Puerto

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