Mi hanno chiesto di scrivere “qualcosa” sul campo di Alfedena, … e qui casca l’asino! Perchè la penna non mi è molto amica specie quando devo pescare dal pozzo del profondo quelle sensazioni, quei ricordi, quelle cose che sento e che vivo, che sono state e che sono, l’occasione per accorgermi che si può vivere anche al di là del cerchio, spesso troppo stretto, del mio mondo dove ideali e valori, esperienze e buona volontà non sempre trovano le strada giusta per venir fuori.

Alfedena è stata una esperienza, ma questa parola dice ancora troppo poco.

È stata un pezzo di vita, una vita familiare fatta di difficoltà e di lavoro, di allegria, di gioco, e anche di momenti seri, alla base dei quali c’era il bene semplice e sincero, fato di parole, di sorrisi e di silenzi, che ci legava. Un piccola mondo nel quale chi ci ha vissuto porta dentro di sé quell’amore e quella semplicità che i ragazzi ci hanno trasmesso.

Un campo! e voglio proprio pensare a un pezzo di terra in cui ognuno ha seminato qualcosa.

Si può dire che l’intero campo dal 7 al 27 luglio 1976 si è svolto in tre momenti; tre gruppi di ragazzi infatti si sono dai il cambio durante l’intero periodo. Partiti da Roma in gruppo di 20 dall’età più varie, al campo spesso e volentieri ci ritrovavamo con amici che piovevano da tutte le parti. LA differente età di tutti i partecipanti non è stata una difficoltà… nessuno se n’è reso conto! Tutti uguali, tutti felicissimi di stare insieme!

Ogni mattina la prime facce che spuntavano all’aria aperta correvano verso un grande cartellone per vedere cosa c’era da fare. Chi si ritrovava a riordinare il salone, chi a cercare la legna per il fuoco, chi a riordinare le stanze, chi ad andare a far spesa e preparare un bel pranzetto per sfamare gli affamati e chi tutto felice si ritrovava a lavare i piatti…

La seconda parte della mattinata era dedicata ad attività diverse: chi si occupava a verniciare le vecchie panche, chi ripuliva il giardino, chi disegnava, chi cantava, chi osservava contribuendo con il proprio silenzio e il proprio sguardo a creare un clima di serenità e gioia vera.

Tante mani, tanti occhi, tanti sguardi uno a disposizione dell’altro senza paura, ma molto semplicemente.

I pranzi, le cene, accompagnate da risate, racconti, complimenti per i cuochi di turno, erano due dei tanti momenti in cui ci si ritrovava insieme, il tutto sempre con un fondo di calma difficile da definire ma meraviglioso.

Le urla di Giorgio che scoppiava dalla gioia, i canti di Claudio e Alberto, il silenzio di Noris e Chicca, lo sguardo profondo di Carla e tante… tante altre cose ci hanno accompagnato per l’intero campo.

Le lunghe passeggiate, gli incontri con P. Michel, le serate passate in allegria, le feste, i travestimenti, Michel l’indiano, Mariangela il pagliaccio, Paolo braccio di ferro, Gianni Gianburrasca sono le cose che rinascono oggi tra risate e: “ti ricordi?” quando ci incontriamo.

Al termine di ogni giorno, mentre i più piccoli si ritrovavano sotto le calde coperte, intorno al caminetto ci incontravamo per decidere e organizzare la giornata seguente.
I turni di servizio, le diverse attività, venivano proposte e discusse insieme alla luce delle varie esigenze, settimana per settimana.
I turni di servizio erano stati disposti in modo tale che tutti per squadre di due o tre, al massimo quattro, durante la propria settimana di campo portassero a termine i diversi compiti.

Chi come Francesca, per la prima volta si è ritrovata a lavare i piatti, chi come Fabrizio a preparare il pranzo, chi a servire a tavola…

Ognuno ha imparato qualcosa. Ognuno ha insegnato qualcosa.

Non mancavano le idee circa le diverse attività; le pigne raccolte durante una passeggiata, i tronchi di legno, i cartelloni, i fiori, i disegni, i diplomi, le lettere da scrivere, tanti spunti per lavorare insieme.

La consegna dei diplomi è stato una dei tanti momenti importanti del campo. Un semplice cartoncino disegnato da un gruppetto di ragazzi e amici, completato da Michel, Italia e MAriangela, tanto semplice quanto importante è stato consegnato a tutti partecipanti del campo la sera prima della partenza.

Una della “note” che ciascuno ha portato ed ha messo a disposizione dell’altro, forse spesso senza neanche accorgersene.

La gioia che si leggeva nei volti di ciascuno al momento della consegna è indescrivibile.

Molte cosa inoltre venivano mese in comune dopo l’organizzazione a livello tecnico delle giornate: le difficoltà, le gioie trascorse insieme…
Era forse il momento più tranquillo data l’ora, anche se alcune volte si veniva interrotti da qualche chiamata o apparizione inattesa.
Il tutto si concludeva con un momento di silenzio, alcune volte accompagnato da una brano del vangelo, da qualche parola di Michela, da qualche canto.
Un momento in cui in modo particolare la presenza di Cristo, il suo amore, viveva in mezzo a noi.

Ma ci sono tante cose che a parole non si riescono a dire, perché sono entrate a far parte di noi: la solidarietà tra grandi e piccola, la disponibilità degli uni verso gli altri, i momento di preghiera,,,, la semplicità e l’amore dei ragazzi… e quante altre cose!

Quello che resta del piccolo mondo di Alfedena è l’amore, l’amicizia, la certezza di crescere tutti insieme, cantando che è dolce sapere che non siamo più soli, ma che siam parte di una immensa vita!

Guenda, 1976

Questo articolo è tratto da:
Insieme n.11, 1976

Alfedena 1976 – Esperienze di vita comunitaria ultima modifica: 1976-12-20T10:50:34+00:00 da Guenda Malvezzi

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