Io non ho capito perché chiamano padel i racchettoni. Quando mi hanno invitata ad andare a vedere il torneo di padel di Athletica Vaticana io non capivo che cosa era, che cosa facevano e che cosa dovevo fare io. Io padel non sapevo cosa voleva dire. Quando mi invitano io vado sempre perché mi piace andare in giro e mi piace vedere le cose e quelle nuove che conosco pure di più. Così io sono andata a vedere. Ho capito subito che il padel sono i racchettoni solo che non si gioca sulla spiaggia, al mare. Ma in un campo che se cadi per terra ti fai molto male. Ti sbucci le ginocchia e ti esce il sangue. A me non è successo ma a qualcuno si. Invece se cadi quando giochi a racchettoni sulla spiaggia non ti fai male per niente, anzi è pure tanto divertente. E puoi giocare pure dentro l’acqua, che pure meglio quando fa tanto caldo perché stai con le gambe al fresco.

Io ho chiesto a tutti subito perché lo chiamano padel. Non si capisce. Io non avevo capito. Se dici racchettoni invece si capisce. Giocare è facile devi colpire la pallina con il racchettone e mandarla all’altra persona. Facile. Non si capisce bene chi vince ma a me non me ne importa proprio un bel niente. Quando vedo che l’altro vuole fare la partita quella vera e non giocare e basta io ogni volta che la pallina cade per terra grido “ieeeee” oppure “aleeee” oppure “evvaiiiiii” oppure “edaiiii” così sembra che ho vinto io. Anche se non lo so. Il gioco è divertente. Ogni tanto a me piace tirare super fortissimo e lontano. E qualche volta tiro la palla in altissimo. Secondo me è divertente fare così. Mi piace pure che non c’è l’arbitro come nel calcio. A racchettoni si può giocare pure in 4 ma a me non piace tanto perché si fa confusione e non so quando devo tirare io perché tocca a me. Io al mare gioco tantissimo a racchettoni e chiedo a tutti di giocare con me. Quando uno si stanca vado a chiederlo a un altro. Comunque al mare io dico che gioco a racchettoni. Non a padel che è una parola che non si capisce.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 154, 2021

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SOMMARIO

Editoriale
Nove punti di Cristina Tersigni

Focus: Guardami, questa/questo sono io
Inneschiamo la valanga? di Giulia Galeotti
Cosa c'è sotto gli aggettivi di Laura Coccia
Con gli occhi di Corrado di Giorgia Fontani
Chi mettere al centro dell'obiettivo? di Enrica Riera
Eliminarli dalla nostra vista di Vittore Mariani

Intervista
Far vivere il luogo (e le persone) di cui si è custodi di Cristina Tersigni

Dall'archivio
Quel vecchio signore che non conosciamo di Marie Hélène Mathieu

Testimonianza
Mio figlio, che non voleva vedermi piangere di Grazia Maria Romanini

Associazioni
Quante cose possono nascere intorno a un libro di Cristina Tersigni

Fede e Luce
Piccole cronache dalla Lunigiana dalla Provincia di Kimata

Spettacoli
Incapace di reinventarsi di Claudio Cinus
Arriva Pablo, che vede il mondo a modo suo di Matteo Cinti

Dialogo Aperto

Libri
Maneggiare con cura di Marco Bove
Una specie di scintilla di Elle McNicoll
E poi saremo salvi di Alessandra Carati
Quello che non uccide
di David Lagercrantz

Diari
Padel, una parola che non si capisce di Benedetta Mattei
Tornando a casa di Giovanni Grossi

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Padel, una parola che non si capisce ultima modifica: 2021-08-07T10:22:50+00:00 da Benedetta Mattei

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