Fra le mani ho un libretto azzurro, tascabile, con la copertina logorata dall’uso: Avignon à Lourdes – Manuel du pèlerin, finito di stampare (achevé d’imprimer) a Bourges, Francia, nel 1967. È il manuale che veniva dato ai partecipanti dei pellegrinaggi che la Diocesi di Avignone organizzava a Lourdes, appunto. Ci sono notizie e documenti storici, spunti di riflessione e preghiere, canti e il testo della messa in latino e in francese.
È uno degli ultimi regali che mio padre, già malato, ha voluto lasciarmi. Me lo ha affidato come uno dei ricordi più preziosi della sua vita. Non l’orologio d’oro, non l’argenteria: quel libretto, consumato e con le pagine ingiallite. Ne ha affidato uno a me, e uno a mio fratello, Emanuele. È un ricordo tangibile del piccolo grande miracolo: fa’, Signore, che che Mariangela ritrovi il sorriso; fa’ Signore, che Chicca dorma la notte.
Questa la preghiera che aveva fatto nel suo cuore il papà, alla processione del Santissimo Sacramento, durante il primo pellegrinaggio della nostra famiglia a Lourdes, agosto 1969, insieme alla Diocesi di Avignone.
La nascita di Chicca, mia sorella, aveva stravolto la vita dei miei. E d’estate cercavano rifugio, qualche settimana, nella foresteria di in un piccolo convento di un paesino della Provenza francese, Bedoin, nella diocesi di Avignone.
E il miracolo si è realizzato attraverso Friquette Heyndrickx, un’altra mamma di una ragazza profondamente disabile, Sophie, prima ancora che nascesse Fede e Luce. Grazie a questo primo incontro a Lourdes e con i successivi annuali pellegrinaggi alla Grotta, mia madre ha ritrovato il sorriso e la forza, accanto a mio padre, per iniziare a tessere la tela che porterà alla costituzione, con tante altre famiglie e amici, dell’associazione Fede e Luce in Italia e al pellegrinaggio a Roma del 1975.
E durante quei periodici pellegrinaggi a Lourdes, mio papà continuava a portare, infilato nelle tasche della sua sahariana, quel libretto con la copertina azzurra.
Ricordo quei pellegrinaggi: i lunghi viaggi in treno, i camerieri dell’albergo a cui chiedevo sempre una doppia dose di gelato. Le lunghe funzioni di giorno, le corse sotto gli acquazzoni improvvisi, e quelle di notte con le candele accese. Ricordo i negozi stracolmi di rosari, di boccette di plastica a figura della Madonna, riempite dell’acqua miracolosa. Ricordo le lugubri vecchie stampelle appese in alto sulla grotta, il cinema che proiettava sempre lo stesso film con la storia di Bernadette, che ormai sapevo a memoria pure in francese. E ricordo i giochi, con le sorelle di Sophie, sulle sponde del Gave, il fiume che attraversa Lourdes. E il papà che, per alleggerire il soggiorno, mi portava a scoprire i posti più divertenti e “laici”, come le scale mobili con una serie di specchi deformanti dove scherzavamo a fare le smorfie.
Non si può negare: Fede e Luce è legata ai pellegrinaggi. Nasce imprevedibilmente da un pellegrinaggio, cresce, si radica, fiorisce, con i pellegrinaggi. Ed è un po’ così, anche per me, per la mia famiglia.
Ricordo l’entusiasmo nella preparazione del pellegrinaggio del 1975 a Roma. La cura nella pittura dello stendardo della nostra comunità, con l’immagine di san Francesco che parla agli uccelli. L’emozione per le celebrazioni a San Pietro, mia sorella Chicca alzata sulla sedia gestatoria, per ricevere, in rappresentanza di tutti i più piccoli, la benedizione di Paolo VI.
Non è facile capire il significato della presenza delle comunità di Fede e Luce in San Pietro per chi non ha vissuto quegli anni, in cui la presenza nelle chiese di persone rese fragili da disabilità mentali era sempre vissuta con stupore, se non con sgomento.
E ricordo poi, tanti anni dopo, il pellegrinaggio a Lourdes, per la Pasqua del 1981 e poi per la Pasqua 1991, quando ormai, nella nostra comunità, era entrata anche Cristina. E a Pasqua 2001, io e Cristina a Lourdes ci siamo tornati, con la nostra comunità e con due figli, che diventeranno quattro, al pellegrinaggio a Loreto del 2011.
È lungo e intenso l’elenco dei pellegrinaggi di Fede e Luce. Scorrendo la cronologia dei pellegrinaggi di Fede e Luce, mi colpisce quanti ne sono stati organizzati: in particolare dal 1975 al 1986 sono stati sei. Sembra che non facessimo altro. E rivedo, con gratitudine e riconoscenza, i volti delle persone che più si erano impegnate per la loro realizzazione. Molti hanno finito il loro pellegrinaggio sulla terra. Sono già tutti insieme, in festa, nella casa del Padre.
Non è una cosa facile, un pellegrinaggio. È terribilmente complesso e laborioso organizzarlo (provare per credere). È stancante partecipare, soprattutto per chi viene da lontano, soprattutto per i ragazzi più sensibili ai cambiamenti. E poi c’è sempre qualcuno che si lamenta: per il costo, per il mezzo di trasporto, per la sistemazione alberghiera, per il vitto, per gli orari, per la confusione. E noi continuiamo a pensare un altro pellegrinaggio. Perché?
Forse la risposta è nella testimonianza di quella mamma dopo il primo pellegrinaggio a Lourdes del 1971: «Dal mio ritorno da Lourdes, la gioia di una sicurezza, la certezza che non mi lascia più e che si riassume dicendo: Alleluia! per coloro che cantavano e che dicevano alleluia quando io stessa non avevo la forza per farlo. Alleluia! per coloro che avevano la Fede quando io non l’avevo. Alleluia! per coloro che amavano quando io non avevo la voglia di amare».
Forse nella testimonianza di un papà: «Se siamo venuti a Lourdes da tutte le parti del mondo, è perché ciascuno di noi può diventare portatore di speranza. Bisogna che noi partiamo da qui portando con noi una luce di fiducia che accenderà altre luci nel mondo» (Lourdes 1971).
Forse una risposta è in quello che si scriveva preparando il pellegrinaggio a Roma del 1975: «Il pellegrinaggio deve significare che gli handicappati sono “a casa loro” nella Chiesa. Qualunque sia la loro condizione, nulla può impedire a Dio di comunicare a ciascuno lo Spirito Santo.» (Insieme, n. 6 – Luglio 1975, per il pellegrinaggio a Roma).
Perché, come scriveva mia madre per il pellegrinaggio ad Assisi del 1978: «Gli incontri hanno un posto importante nella vita di Fede e Luce: ci ritroviamo regolarmente per vivere insieme momenti d’amicizia e di preghiera. Ma essere insieme non basta. Dobbiamo anche avanzare insieme».
Perché «i magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella ma videro la stella perché si erano messi in cammino» (Giovanni Crisostomo). OL
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Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.169