Appartenere a una comunità capace di prendersi cura può renderci cittadini migliori? Per indagare questo tema – cioè come la scelta di coltivare relazioni di cura potrebbe renderci persone più attente e accoglienti – ho visitato Geel in Belgio.
Da secoli gli abitanti di questa città ospitano nelle loro case persone con malattie mentali, in una relazione di parentela: i familiari affidatari si prendono cura degli ospiti fragili e costoro, a loro volta, si prendono cura delle loro famiglie affidatarie.

È una tradizione antica, cominciata nel XIV secolo con il pellegrinaggio alla chiesa locale di Santa Dymphna. E la storia di costei risale ancora più indietro nel tempo, nell’Irlanda del VI o VII secolo: si narra che la giovane Dymphna fuggì dalla sua terra quando il padre, rimasto vedovo, decise di volerla sposare. Un incesto inammissibile, folle, raccontato anche dall’arte: l’uomo è spesso raffigurato con un demone sulla spalla, che è il modo in cui la follia era intesa all’epoca. Dymphna fuggì dunque nell’attuale Belgio. Il padre riuscì ad acciuffarla: quando lei rifiutò nuovamente la richiesta di matrimonio, la decapitò. Dymphna venne dunque ricordata come una vergine martire capace di resistere alle richieste peccaminose del padre, che era anche il suo re.

Venne poi costruita una chiesa in suo onore: i pellegrini venivano a cercarvi la guarigione, in particolare dalla follia, sulla quale Dymphna aveva trionfato. Rimanendo nell’infermeria annessa alla chiesa, e recitando preghiere, i fedeli partecipavano ad alcuni riti medievali. Quell’infermeria era spesso troppo piena, come stracolma era anche la grande forestiera che le suore agostiniane gestivano lì accanto. Le autorità ecclesiastiche chiesero allora ai cittadini di Geel di ospitare “pensionanti” o “ospiti”, in attesa del loro turno per partecipare ai riti medievali. È così che nacque la tradizione locale di assistenza familiare per adulti affetti da malattie mentali.

Naturalmente negli ultimi seicento anni la cura delle famiglie affidatarie è radicalmente cambiata.
Oggi a Geel esiste un ospedale, l’Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum (Opz), che assiste le famiglie affidatarie, mettendole in contatto con gli adulti fragili, supervisionando le cure mediche, offrendo attività diurne facoltative per i pensionanti e fornendo supporto in caso di crisi oppure quando la convivenza provoca tensioni o conflitti.

Poiché Geel accoglie persone psichicamente fragili, in questa città c’è molto meno stigma che altrove rispetto alla disabilità

In Belgio quando un giudice accerta che una persona non può più vivere da sola a causa di un disturbo mentale, si aprono diverse possibilità: la persona può decidere di vivere o in un gruppo-appartamento, o di essere supportata in un appartamento con i propri spazi, o può scegliere di partecipare all’affido familiare a Geel, dove vivrà in una casa-famiglia.
Il personale dell’Opz accetta adulti fragili accertati, individuando le famiglie che potrebbero accoglierli, laddove vi siano posti disponibili. Laddove la famiglia affidataria, o l’ospite, non si trovino bene, il personale dell’Opz lo trasferisce altrove.

Il nucleo affidatario riceve un sussidio finanziato dal governo federale belga per ospitare i “pensionati”; si tratta di una cifra non elevata, che non sempre riesce a coprire tutti i costi affrontati, ma che comunque può invogliare le famiglie a partecipare al progetto (tra gli addetti rimane il timore che questo finanziamento non sia sufficiente ad attirare nuove adesioni).

Ovviamente le famiglie affidatarie aderiscono anche per altri motivi: vedove o vedovi possono desiderare di accogliere gli ospiti per avere una compagnia. Molti nuclei partecipano all’affido perché lo hanno fatto i loro genitori o i loro vicini di casa: è qualcosa che l’intera città conosce bene essendo, come detto, una radicata tradizione locale.
Poiché Geel accoglie persone con disabilità, anche coloro che non ospitano pensionanti nella loro casa hanno spesso familiarità con la malattia mentale. Il risultato è che in questa città c’è molto meno stigma che altrove rispetto al disagio mentale.

Ho visitato Geel nel 2022 durante le “Giornate di Dymphna”, che si tengono ogni cinque anni per ricordare la santa. Dopo la messa, un corteo (chiamato ommegang) attraversa la città. I carri che sfilano ricordano i momenti più importanti della vicenda di Dymphna, e dell’intera cittadina. Perché la storia della santa è divenuta parte della storia di Geel.

Due donne sedute in un soggiorno

Dal sito dell’Openbar Psychiatrich Zorgcentrum che assiste le famiglie affidatarie e gli adulti con fragilità

La comunità locale mette anche in scena un grande musical con centinaia di partecipanti: si chiama Gheelemania. Nell’edizione 2022 a cui ho partecipato io, la storia della santa era collegata alla storia di persone che lottano con problemi attuali e concreti come il divorzio, l’alcolismo e la perdita. La vicenda era infatti ambientata nella Geel contemporanea. Questo modo di narrare e rielaborare la vicenda di Dymphna ne sviluppa il significato per un nuovo tempo, aiutando la comunità locale a vedere la sua storia in modi nuovi. Gli abitanti di Geel la vedono come una figura misericordiosa e pensano alla loro città come “la città misericordiosa”.

Ho scoperto che partecipare a una comunità di cura, come quella delle famiglie affidatarie di Geel, non rende automaticamente un cittadino migliore della propria città o del proprio Paese. Ma la scelta di prendersi cura che si vive nella propria famiglia affidataria, collegandola alla storia di Dymphna, aiuta i cittadini di Geel a riflettere sul fatto che la loro preoccupazione verso persone fragili porta beneficio non solo a chi vive con loro ma anche alle altre persone che incontrano nel loro quotidiano. Geel, insomma, usa la storia di Dymphna per incoraggiare i suoi membri a costruire una città più attenta e più accogliente. OL
* Docente di scienze politiche al Wabash College, Indiana

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.169

 

La scelta di Geel ultima modifica: 2025-05-07T12:41:20+00:00 da Lorraine McCrary

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