Partire per un viaggio speciale, senza bagagli e senza meta, e farne ritorno con una valigia piena di emozioni intense e riconcilianti. Per di più a ritmo di musica e a passo di danza. Tanta roba che ha colto di sorpresa i fortunati spettatori della performance di teatro-danza con cui è stata chiusa la rassegna sull’alfabeto delle emozioni tenutasi a Viterbo a fine novembre. La singolare rappresentazione è stata curata dalla Compagnia della mia misura, promotrice a Roma di un laboratorio di inclusione che persegue l’integrazione delle disabilità, aperto a tutti coloro che vogliono mettere in gioco le proprie diverse abilità.

Quindici straordinari «danzAttori» hanno trasportato gli spettatori in un viaggio senza tempo, alla scoperta di immaginari luoghi fisici e di inesplorati spazi interiori, coinvolgendoli in un’inattesa coreografia collettiva, in un ballo di vita che parla di unicità e di noi. Tre sessioni di spettacolo dedicate al tema del viaggio, un viaggio senza meta e a tempo indeterminato: l’importante non è la destinazione ma tutto quello che c’è in mezzo. L’attesa, la partenza, la scoperta. E poi la danza, vettore di libertà e di incontro. Quel ballo che, nel modo in cui suggerisce Valerio – ‘danzAttore’ veterano del gruppo – «accende luci e fa sparire le ombre». Dove c’è un ruolo per tutti e dove tutti si sentono al posto giusto. Come succede a Daniele, ballerino dalle eccezionali doti artistiche, che non comunica con il linguaggio verbale, ma racconta – e si racconta – in modo penetrante e assordante attraverso il movimento e la gestualità del corpo.

Tutto parte dal lavoro sulla percezione di sé. Dal «sentirsi» attraverso l’ascolto della musica e la produzione di movimenti

La performance è stata costruita all’interno del laboratorio di Teatro Danza, un progetto di inclusione sociale che promuove la cultura della diversità e che si basa su discipline di Danza Movimento Terapia. Il laboratorio nell’idea delle fondatrici – Roberta Bassani e Vittoria La Costa – vuole essere spazio di espressione e comunicazione, «luogo privilegiato per l’emersione di dinamiche e problematiche individuali, di persone diversamente o normalmente abili».
Da dicembre 2011 il gruppo si è dato un nome, Compagnia della Mia Misura, e attraverso forme di auto-organizzazione e autofinanziamento ha iniziato a partecipare a rassegne, mettendo in scena spettacoli.

«Lavoro, voglia di mettersi in gioco, di fare cose, di esserci. Sono i tratti distintivi di questo gruppo», racconta Roberto Nucera, animatore e membro della compagnia di teatro danza. «Tutto parte dal lavoro sulla percezione di sé, dal “sentirsi” attraverso l’ascolto della musica e la produzione di movimenti».

Oltre alla dimensione del sentire e della consapevolezza del proprio corpo, c’è la connessione con l’altro. «Perché – prosegue Nucera – la forza del gruppo è la forza di questa compagnia». Talmente trascinante che gli spettatori della performance non hanno potuto fare a meno di salire su quel treno virtuale, diventando essi stessi viaggiatori danzanti, ognuno con il proprio biglietto e la propria destinazione, ma tutti uniti nella condivisione di un pezzo di viaggio. Nessuna scenografia a fare da sfondo – la potenza dello spettacolo è tutta nella celebrazione della libertà di muoversi ed essere – ma solo un oggetto scenico dal grande valore simbolico: la valigia, metafora del bagaglio emotivo che ognuno porta con sé. Del resto, ciascun individuo ha la sua misura unica, balla al proprio ritmo, e gli incontri più autentici lungo il cammino non sono altro che passi di danza condivisi. OL

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.169

 

Con la valigia ma senza bagaglio ultima modifica: 2025-05-14T12:20:53+00:00 da Alessandra Moraca

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