Loïc è l’unico membro della famiglia Proffit ancora in vita. Oggi ha 65 anni e vive all’Arca a Trosly. I suoi genitori, Camille e Gérard, erano agricoltori e vivevano nel dipartimento della Somme, nella Francia del Nord. Si erano sposati nel 1955 e sognavano una famiglia numerosa. Sono nati, prima Loïc e poi Thaddée, entrambi incapaci di camminare e di parlare, bisognosi di assistenza costante perché privi di autonomia. Thaddée viveva difficoltà ancora maggiori rispetto al fratello e quando la madre non è più riuscita a occuparsene da sola, ha dovuto ricorrere a un istituto a Lozère. Ogni mese mamma Camille affrontava due notti in treno per andarlo a trovare e trascorrere un’intera giornata con lui. Loïc invece rimase a casa. Nemmeno i suoi genitori riuscivano a decifrare cosa provasse, cosa sentisse quando teneva spesso lo sguardo rivolto al cielo. L’unico modo per comunicare con lui era ed è la musica. Papà Gèrard lo sapeva bene e amava farlo ballare, tenendolo tra le braccia.

Chissà cosa hanno percepito Loïc e Thaddée del rifiuto per la loro presenza al pellegrinaggio diocesano… Avranno sentito che mamma e papà erano molto tristi. Non avranno dato un significato alle parole però i volti e i gesti sconsolati parlavano chiaro. E poi anche alla possibilità di mangiare con gli ospiti dell’albergo?

Credo che Loïc e Thaddée avessero ben chiaro fin dalla nascita, grazie ai gesti di amore conosciuti quotidianamente, quello che all’Arca hanno teorizzato in anni successivi: «I pasti sono il cuore e il centro della vita comunitaria. Mangiare alla stessa tavola degli esclusi è una beatitudine evangelica». Dunque, una beatitudine negata. Un no deciso che incideva una profonda ferita nei cuori di due genitori pronti a tutto per trovare conforto davanti alla grotta di Lourdes. Un no che li faceva sentire esclusi dalla Chiesa stessa. Quel che ne seguì lo conosciamo: la coppia profondamente turbata incontrò altre persone, desiderò un pellegrinaggio in cui i ragazzi con disabilità fossero protagonisti con le loro famiglie.

Camille si buttò con tutte le sue energie in questa impresa, divenendo coordinatrice nazionale di Fede e Luce per la Francia in vista dell’evento del 1971. Gérard non poté condividere la sua emozione davanti a 12mila persone che ripetevano «Amici cantiamo la nostra gioia, Dio è risorto. Alleluja!»: un infarto lo stroncò il 18 giugno 1970. Anche da sola, Camille non si arrese, continuò per i suoi figli e per quelli di migliaia di altri genitori. Fede e Luce è cresciuta grazie a tante famiglie come questa. A mamme e papà che non si sono arresi di fronte a chi li escludeva, ad amici che si sono messi al loro fianco e a persone con fragilità che si sono sentite accolte e amate.

Camille e Thaddée ci hanno lasciato anni fa. Loïc vive all’Arca dal 1978, con lui si è inaugurato il foyer La Forestière. Per i 50 anni del movimento, il consiglio internazionale di Fede e Luce gli ha chiesto una video intervista. Lui non parla ma sa farsi capire, così con l’aiuto di una assistente dell’Arca ha parlato di sé e della sua storia.

«Fatti vedere, fai vedere un po’ come sei oggi, come vivi», è stata l’esortazione iniziale. E Loïc si è messo in gioco perché tiene molto a Fede e Luce. Lui ama la musica e ogni assistente che ha incontrato gli ha fatto conoscere generi nuovi. Ama chi si mette vicino a lui e canta, magari proponendo uno dei canti mariani che lo fanno sentire in pace. L’Ave Maria è il suo preferito.

Ama anche farsi coccolare: l’assistente racconta di quanto gli piaccia un bel bagno caldo, con tanta schiuma. Di lui ci viene rivelata la cosa più importante, quella che rappresenta il cuore di Fede e Luce: Loïc ama sentirsi in relazione con altre persone. Certo, ha i suoi momenti bui, in cui è meglio lasciarlo da solo. Ma sa essere fedele alle relazioni: riconosce chi ha vissuto con lui per un certo periodo all’Arca e lo va a trovare. Riconosce Marie-Hélène che lo sa abbracciare con tutta la sua dolcezza. E a ogni amico regala una benedizione: un gesto semplice con il braccio che muove per tenersi stretto chi gli è più caro. Di questo abbiamo bisogno: della sua benedizione, della benedizione di chi è al centro del nostro cammino.

Camille e Gérard con Loïc e Thaddée hanno sognato un mondo in cui nessuno fosse escluso. Papa Francesco, nell’udienza del 2 ottobre scorso, ci ha ricordato che «ancora oggi nella Chiesa e nel mondo sono tanti coloro che nella piccolezza e nella fragilità sono dimenticati ed esclusi». Forse Loïc, che ha sperimentato tanto amore intorno a sé per tutta la vita, non sa tutto questo con piena consapevolezza. Ma sa che si può essere felici quando si viene pienamente accolti. E se, come ha ripetuto il Pontefice, «ogni persona, anche e soprattutto la più piccola e la più fragile, è amata da Dio e ha un suo posto nella Chiesa e nel mondo», allora quella benedizione che parte da un giovane uomo di 65 anni tradotta in parole suona «sii benedetto tu che desideri circondarmi di amore, il Vangelo della piccolezza ti renda libero e felice come ha reso me felice di essere amato».

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 156, 2021

Copertina_OeL_156_2021

La Newsletter

Ombre e Luci è anche una newsletter
Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.
Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Loïc che oggi continua a benedirci ultima modifica: 2022-03-25T08:24:22+00:00 da Angela Grassi

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.