Ho 16 anni, una rara sindrome genetica, una montagna di riccioli castani e un paio di occhi dolcissimi. Non uso il linguaggio verbale, la scienza mi qualifica come minore disabile gravissimo, ma ho un’immensa capacità di amare e di sorridere agli altri. Il covid ha stravolto la mia vita, togliendomi il dono più grande che ho: la socialità. Da un giorno all’altro, mi sono ritrovato in casa isolato dal mondo, circondato solo dai miei cari. Non sono più andato a scuola, non ho più nuotato in piscina, non ho più visto i miei cavallini, non ho più fatto musicoterapia. Il mio unico contatto con l’esterno è diventato uno schermo del pc in cui comparivano, come per magia, i visi delle maestre, dei terapisti, degli zii, dei nonni e meravigliosi concerti di musica classica. In casa ho avvertito una strana sensazione di costante paura e di tensione. Quando uscivo in strada vedevo tutti i visi coperti da strane mascherine e la mia mamma mi tirava sempre a sé quando tentavo di avvicinarmi a con qualcuno. Pure molto più tardi, quando ho ricominciato lentamente a rivedere la mia tata, i nonni che abitano a Napoli, gli assistenti che sono miei amici e poi le maestre e i compagni di classe, i terapisti, erano tutti bardati e non ho potuto più ricevere un bacio, non ho potuto più sedermi in braccio e farmi fare le coccole. Solo la mia mamma ha cercato di colmare questo immenso vuoto. (Riccardo De Micco)

Tesoro mio hai ragione. Abbiamo trascorso un anno di angoscia e terrore all’idea che tu in particolare, quale componente più fragile della famiglia, potessi ammalarti e finire in terapia intensiva. Hai ascoltato i miei pianti, le richieste disperate a tuo fratello di non uscire, le mie preghiere. Come si può proteggere un bambino come te che non sopporta la mascherina, che lecca le mani continuamente, che si avvicina a chiunque? Come ho fatto a settembre scorso a decidere di rimandarti a scuola e a terapia, riaprire la casa alle persone che ci aiutano con la paura che potessi ammalarti?

Sono stati mesi di terrore forse peggio ancora del primo lockdown in cui eravamo rinchiusi in casa ma almeno al sicuro. Sono stata costretta a rischiare pur di farti vivere, come quando si gioca alla roulette russa. Non mi sono mai sentita più impotente e impaurita perché costretta a esporti a un rischio enorme. Ho valutato che se decidevo di proteggerti isolandoti, ti saresti ammalato psicologicamente e saresti inesorabilmente regredito perdendo tutti i piccoli progressi guadagnati faticosamente dopo anni e anni di stimoli, terapie e socializzazione. Ho deciso di rischiare.

Che emozione il giorno della prima dose!
Sembrava ti stessimo accompagnando a un nuovo battesimo

Poi finalmente è arrivato Natale che ci ha portato la speranza del vaccino. Dopo aver acquisito il parere favorevole dei due centri di riferimento italiani della tua sindrome e aver organizzato un webinar sui pro e contro del vaccino per i minori come te, ho deciso di farti vaccinare al compimento dei tuoi 16 anni. La paura che tu possa ammalarti è di gran lunga superiore ai rischi di questo vaccino sperimentale.

Dopo mesi e peripezie è arrivato il tuo turno. L’Italia è il Paese della burocrazia dove tutto può diventare complicato sebbene le disposizioni normative a tutela dei minori disabili gravissimi siano cristalline. Dopo una lunga battaglia, fiumi di mail e attese telefoniche sono riuscita a conquistare il tuo e i nostri vaccini per proteggere tutta la famiglia.

Che emozione il giorno della prima dose! Sembrava ti stessimo accompagnando a un nuovo battesimo, la speranza concreta di ricominciare una vita normale. Ti guardo con una gioia immensa avvicinarti in sicurezza e prendere la mano di chi conosci e lasciarti abbracciare, senza rischio di contagio. Ti vedo molto più sereno, sorridi di più rispetto ai mesi scorsi. Cercheremo di recuperare il tempo perduto, con i vecchi e nuovi amici che questo tempo strano ci ha regalato.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 155, 2021

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Quel regalo immenso chiamato vaccino ultima modifica: 2021-10-29T08:42:52+00:00 da Isabella Corsini

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