Le barriere architettoniche esistono ancora? Chiedetelo a Samuele. Lui ha da poco compiuto 18 anni, convive con la distrofia di Duchenne – malattia genetica rara che provoca una progressiva degenerazione dei muscoli – e ogni giorno deve fare i conti con ostacoli di ogni tipo che gli impediscono di spostarsi in autonomia con la sua carrozzina. Così, un paio di anni fa, ha pensato di costruirsi con la sua stampante 3D delle piccole pedane mobili in plastica.

«Per chi si muove su una sedia a rotelle, anche un piccolo gradino è un grande ostacolo — spiega —. Ti arrabbi quando vorresti semplicemente mangiare una pizza insieme agli amici, o giocare a carte, ma non puoi entrare in un ristorante, in un bar, in un negozio perché non sono accessibili. La pedana dovrebbe averla l’esercizio commerciale, ma pochi ce l’hanno. Così, ogni volta che usciamo, i miei devono portare una rampa pieghevole che, come tutte quelle in commercio, è pesante (circa 15 chili) e non agevole da trasportare durante una passeggiata con gli amici. Anche la carrozzina elettrica pesa molto e non è facile sollevarla». Due anni fa, quando l’associazione Parent Project (composta da pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker) gli propone di partecipare al progetto «AutoNOImia», finanziato dal ministero del Lavoro e mirato a favorire l’inclusione sociale dei ragazzi nelle comunità locali, Samuele decide di mettere in pratica la sua idea. «Avendo una stampante 3D, una mia passione, ho pensato di progettare delle piccole rampe mobili in plastica, quindi leggere e facilmente trasportabili, che mi permettessero di superare quel gradino che mi separava da una buona pizza o da altre attività insieme agli amici», racconta.

«Ho disegnato la rampa al computer, dividendola in due livelli di 4 e 6 centimetri, sovrapponibili come i mattoncini lego, in modo da usare un solo modulo oppure entrambi (unendoli con dei perni), a seconda dell’altezza del gradino che mi trovo davanti. Poi ho utilizzato un programma che converte il disegno in un codice, e ho stampato i quattro moduli. Le rampe sono resistenti e stabili, pesano complessivamente un chilo e si possono riporre nello zaino. A ogni modo, per raggiungere gli amici al centro di Aprilia, che dista 4 chilometri da casa, devono accompagnarmi i miei genitori. A scuola, invece, vado col pulmino del Comune». Certi ostacoli sono però insormontabili. «Siamo stati costretti a trasferirci in periferia» spiega la mamma di Samuele. «La casa dove prima abitavamo, in città, era al secondo piano senza ascensore e, per farlo installare, essendo il costo elevato, avevamo chiesto un contributo al Comune, ma non arrivava per carenza di fondi. Nel frattempo facevamo su e giù col montascale. Erano poi necessari anche altri lavori, come allargare il bagno, poiché Samuele, prima su una carrozzina manuale, ha avuto bisogno di quella elettrica per il progredire della malattia. A distanza di quattro anni dalla richiesta, il Comune ci ha comunicato che era disponibile il contributo, ma eravamo già nella nuova casa». L’ascensore mancava anche alla scuola elementare, come pure il montascale.

«La classe di Samuele era a piano terra e lui entrava da un ingresso secondario ma il laboratorio di informatica era al primo piano senza ascensore, quindi ogni volta dovevo portare il montascale da casa per consentire a mio figlio di seguire la lezione – ricorda la mamma. Non abbiamo avuto nessun problema di accessibilità, invece, alle scuole medie e superiori. Le barriere, però, le troviamo persino in ospedale, al Bambino Gesù nella sede al Gianicolo, dove Samuele è seguito da ottimi medici fin dall’infanzia. Al primo piano, nel reparto di pneumologia, dove mio figlio viene ricoverato due volte l’anno per fare la polisonnografia e altri esami di controllo, diventa un’impresa accompagnarlo in bagno poiché la sua carrozzina non entra». Malgrado il suo ingegnarsi per superare ostacoli che spetterebbe ad altri rimuovere, Samuele continua a trovare barriere architettoniche lungo il suo percorso. «Le incontri un po’ ovunque e provi rabbia, ma ti senti anche un po’ demoralizzato e triste perché ti ricordano sempre le tue condizioni e la tua diversità» spiega il ragazzo, che però continua a combattere per inseguire il suo sogno.

«Ora che ho utilizzato la mia abilità per costruire le rampe mobili, vorrei proseguire coi disegni e altri progetti. A settembre frequenterò l’ultimo anno del liceo scientifico, poi vorrei iscrivermi all’università: mi piacerebbe diventare ingegnere» dice Samuele, e gli occhi di nuovo gli brillano. «C’è l’università online, certo, ma vorrei frequentare i corsi insieme agli altri studenti; per verificare se è possibile, a metà luglio sono stato all’open day dell’università La Sapienza: offrono a livello didattico un servizio di supporto agli studenti con disabilità, le aule sono accessibili e lo sono anche i servizi igienici, anche se c’è qualche piccolo problema da risolvere per l’assistente personale. Così come alla partenza da casa: al momento la stazione di Aprilia non ha il servizio per il trasporto delle persone con disabilità e già quest’anno non ho potuto prendere il treno con i miei compagni di classe in occasione di una gita scolastica. A volte basterebbero piccoli accorgimenti e maggiore attenzione per risolvere i disagi».

Fonte: Corriere

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Rampe fai-da-te: il progetto di un diciottenne con una stampante 3D ultima modifica: 2019-10-01T16:37:19+00:00 da Redazione

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