L’anno scorso, a settembre, una mamma mi ha chiesto di far entrare nel gruppo scout la figlia, Giulia, di 12 anni (con problemi di tipo intellettivo e comportamentale). Ho incontrato Giulia e i suoi genitori ma ho valutato di non poterla inserire subito nelle attività perché i nostri capi sono pochi e molto giovani e ho proposto di poter conoscere meglio Giulia nel corso dell’anno, magari attraverso l’inserimento in un gruppo di Fede e Luce. Ciò non è stato possibile e i rapporti con la famiglia si sono interrotti. Questo fatto mi è dispiaciuto molto e così ho deciso di approfondire il discorso degli inserimenti “difficili” nel mondo scout attraverso la stampa associativa e l’esperienza di altri capi.

Ho trovato molte linee guida nell’opuscolo di Maddalena Fanti “Lo scout disabile” sul quale ho incontrato una riunione di formazione per i capi del gruppo di cui sono responsabile, il Roma 25. Dopo averne letto insieme un riassunto abbiamo condiviso con gli altri le nostre idee ed esperienze.

Mauro, 21 anni, ha raccontato l’esperienza molto positiva di un ragazzo disabile ben inserito nella squadriglia Manguste (la squadriglia è composta da 78 ragazzi tra gli 11 e i 16 anni). I benefici sono stati moltissimi per lui e per gli altri ragazzi e c’era un fitto rapporto tra genitori e il responsabile adulto del reparto. Ha raccontato anche di un ragazzo con una leggera disabilità di cui i genitori non avevano parlato né al momento dell’iscrizione né nei mesi successivi per cui i problemi sono emersi dopo un po’ di tempo e ci sono state situazioni difficili da gestire per i compagni di squadriglia.

Questi, a volte, sono i casi più difficili perché non vengono affrontati con la giusta preparazione e con un’adeguata collaborazione con la famiglia.
Pino, 34 anni, della sua esperienza in un altro gruppo Roma ha raccontato di una stretta collaborazione «con lo psicologo di un ragazzo con handicap inserito negli scout. Attraverso incontri periodici sia con lo specialista che con i genitori del ragazzo si è creato un rapporto molto costruttivo durante tutto il percorso scout.

La progressione personale è stata adattata alle sue esigenze: per esempio l’età prestabilita per il passaggio dal gruppo degli esploratori a quello dei rover, che di solito avviene intorno ai 16 anni, è stata posticipata per tener conto dello sviluppo del ragazzo. Marta ha proposto di trattare lo stesso tema anche con i ragazzi del clan e del fuoco (17-21 anni) che si preparano ad essere i capi educatori del domani. Come lei penso che la formazione in campo educativo sia una prerogativa fondamentale per accompagnare tutti i nostri ragazzi a divenire “buoni cristiani” e “buoni cittadini” come si auspicava il fondatore dello scautismo Baden Powell.

Attraverso la lettura dei testi appositi e la condivisione di esperienze si riescono ad affrontare meglio le problematiche che mano a mano si presentano: dalla valutazione sul possibile inserimento di un bambino disabile nel gruppo scout,alla programmazione delle sue tappe di progressione personale, all’organizzazione delle attività in modo da valorizzare il ragazzo disabile la cui presenza potrà essere percepita dagli altri come una ricchezza e non come una limitazione.

Mi ha colpito la frase in cui si dice: “Lo Scautismo è un’associazione di volontari e come tale porta avanti la sua proposta formativa in base alla disponibilità di forze di cui può disporre: non si fa del bene a nessuno se si dice un sì senza aver prima valutato la concreta possibilità di dirlo quel sì”. Non voglio però fermarmi a pensare che siamo giustificati a dire di “no” perché non abbiamole forze ma vorrei, per il futuro, cercare di creare le situazioni favorevoli per l’inserimento di ogni ragazzo.

Rita Dinale, 2009

Da “Lo scout disabile”

“Enrico è un lupetto di prima stella: ha infatti cucita al braccio la specialità di canterino; ancora non abbiamo capito bene di quale sestiglia faccia parte perché se ne va un po’ qua un po’ là ma la cosa più interessante è che ogni sestiglia lo accoglie con gioia!”(p.52)

Da “Tutti uguali, tutti diversi”

“Dopo una route estiva di animazione in Croce Rossa per riordinare e pulire, insieme ad altre volontarie le ambulanze, Emilia è diventata un’esperta per la medicazione di piccole ferite e non dimentica mai di portare in uscita il necessario per il primo soccorso, anche se magari, per farcelo stare elimina il poncho o la gamella…” (p. 126)

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.105

Sommario

Editoriale

Lettera aperta ad una maestra, di M. Bertolini

Scout e disabilità

Un buon modo per crescere di Benedetta
Un ambiente educativo anche per Maria di M. Fanti
Per me lo scoutismo di Alice
Un incontro tra capi di R. Dinale
Lettera ai compagni di Matteo di M. e L. Ferrini

Disturbi delllapprendimento

Una bambina “disprattica” di Luisa
Etichettato “idiota” di Arnaud Franc
Ho scoperto la sofferenza dei miei figli di S. Franc
Qual è il vero Marco, di un'insegnante
La difficile storia di Enrico di una mamma

Altri articoli

Verso sera di Pennablù
Fede e Luce: si cambia! di C. Tersigni

Libri

La vita come è per noi, M. Bérubé
Mamme che amano troppo, O. Poli

Un incontro tra capi scout ultima modifica: 2009-09-10T11:57:52+00:00 da Rita Di Nale

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