Tra il dire e il fare… Si dice così quando una cosa sembra quasi impossibile, difficile da realizzare, un’utopia.
Invece noi abbiamo scoperto che non è sempre vero.

Parliamo di scuola. Dell’esperienza che abbiamo vissuto con Paolo e Fatima.

Paolo oggi ha quasi 9 anni, ci vede poco e ci sente ancora meno e di conseguenza non ha potuto imparare a parlare. Ma nonostante i suoi limiti evidenti, frequenta felicemente da tre anni la scuola primaria statale (una volta si diceva elementare) di Zingonia, all’interno della quale esiste un “plesso potenziato” una classe per 6 bambini disabili gravi che seguono un programma personalizzato, ma che condividono con gli altri bambini della scuola il momento della mensa, il teatro, la palestra, l’ora di musica, quella di religione e di computer. Paolo è seguito da un’insegnante di sostegno e da un educatore professionale durante la sua giornata. La scuola condivide con noi della comunità il progetto educativo, supervisionato dall’equipe della neuropsichiatria del territorio. Il risultato? Paolo va a scuola molto volentieri, ha imparato bene le regole sociali, ha scoperto attività che lo appassionano e soprattutto ha un mondo di amici.

L’unico punto debole (che non dipende dalla scuola ma dall’organizzazione statale): ogni anno ha cambiato insegnante di sostegno e ogni volta ha dovuto darle il tempo di conoscerlo e di imparare a mettersi in relazione con lui. Pazienza!

Per Fatima, la sfida è stata ancora più grande. Ci prendevano per matti quando prospettavamo l’ipotesi di mandare a scuola Fatima, come tutti i bambini di 6 anni; matti perché Fatima respira con un ventilatore, ha bisogno dell’ossigeno e di un monitor che control la i parametri vitali, ha bisogno di essere aspirata (togliere le secrezioni dalla cannula tracheale) ed è completamente immobile sul suo passeggino. Ma la pazzia a volte premia. Oggi Fatima frequenta la seconda elementare, ha imparato a leggere e a dettare ciò che vuole scrivere, sa fare le addizioni, sa dividere in sillabe ed è molto attratta dai due Marco della sua classe. Certo, la sua presenza è di sole due ore al giorno. Certo, il programma è ridotto all’essenziale e a ciò che Fatima può realmente imparare. Ma per lei è stato un passo importante che le ha permesso di uscire dalla comunità, di avere relazioni alla pari, di confrontarsi con altri bambini della sua età e con altre figure educative. A scuola non resta da sola, ma c’è una di noi che l’accompagna e ne assicura l’assistenza. Ha un’insegnante di sostegno e ben quattro insegnanti di classe.

E quando le condizioni di salute non le permettono di andare a scuola, è la scuola a venire in comunità (la distanza è di soli 200 metri): l’insegnante di sostegno viene due mattine la settimana e ogni quindici giorni viene l’intera classe per cantare, raccontare, giocare. Tutto questo non è piovuto dal cielo. Se Fatima oggi frequenta la scuola e se la scuola frequenta Fatima (con reciproco vantaggio!) è grazie ad un coraggioso lavoro di rete intessuto tra realtà diverse.

Ed è ancora grazie al lavoro di rete se il proverbio cambia: tra il dire e il fare non c’è più di mezzo il mare. Ci sono legami.

La Scuola statale di Arcene, non senza iniziali timori, ha accettato la sfida e oggi testimonia una capacità professionale e un’apertura mentale davvero uniche.

Il Servizio di neuropsichiatria del territorio supervisiona questo inserimento, segue le insegnanti nelle loro difficoltà, e offre consulenze specialistiche.

La Fondazione della Comunità Bergamasca, da due anni sostiene finanziariamente la Tau – Comunità di Bambini di Arcene con un progetto specifico che permette alla comunità di far fronte alle spese supplementari che l’inserimento scolastico di Fatima comporta. Ma sono tutti sforzi ampiamente ripagati dall’abbondanza di superlativi come Fatima usa al ritorno da scuola: “Sono stata super-mega-stra-bravissima!”

Ultimora: ops, troppo bello per essere vero! La maestra Laura se ne va e tutto ricomincia (chi sa quando!) con una nuova insegnante di sostegno. Che fatica fare gli alunni!!!

Manuela Bartesaghi, 2008

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.101

Sommario

Editoriale

Avvicinare i genitori di M. Bertolini

Dossier: Un percorso di catechesi speciale

La loro e nostra Cresima di Pietro Vetro
L’uomo guarda il volto, Dio il cuore di V. Mastroiacovo
Ho camminato vicino a Marco di R. Tarantino
Abbiamo tutti bisogno dei sacramenti di P. Luciano Larivera

Articoli

I ragazzi di Sipario
Tra il dire e il fare non c’è più il mare di M. Bartesaghi
Concorso fotografico “Legami” di A. Panegrossi
Sbagliando s’inventa di L. Nardini
Invasioni rumene, non barbariche di H. Pott
Immaginate...  di M.C.V.
Testimone oculare di M.T.Mazzarotto

Rubriche

Dialogo aperto

Tra il dire e il fare, non c’è più il mare ultima modifica: 2007-12-12T17:23:03+00:00 da Manuela Bartesaghi

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