Quali reazioni provoca nel padre la nascita di un figlio disabile?
La reazione del padre è profondamente diversa da quella della madre, che ha portato il bambino nel grembo e che, dal concepimento, ha tessuto un legame fisico e psicologico con lui.
Il padre non diventa d’un tratto soltanto padre di un figlio disabile, ma si trova scosso nel suo essere, nella sua profonda identità. L’attesa di un figlio nutre naturalmente
speranze immense che la scoperta, brutale o progressiva dell’handicap, viene a sconvolgere. Il bambino tanto sperato delude tutte le attese. Il mondo interiore e
l’immagine di sé crollano insieme a tutti i punti di riferimento di sposo e di padre.
Una distanza vertiginosa si apre con sua moglie perché il loro modo di sentire è così diverso, tale da impedire perfino la comunicazione proprio nel momento in cui questa è indispensabile per capirsi e sostenersi. Molteplici tentazioni invadono il padre: tentazione di rifiuto del figlio disabile così diverso dal bambino atteso; tentazione di onnipotenza che produce il desiderio di “normalizzare” il bambino costi quel che costi… tentazioni di fuggire questa situazione non voluta, insopportabile. Queste stesse tentazioni sono vissute con dolore e provocano un senso di vergogna e di colpevolezza. Il padre deve far fronte alla difficoltà di iscrivere il figlio nella propria storia, di farlo accettare dalla sua famiglia allargata. Vive una frustrazione nei confronti della trasmissione del suo nome, di una eredità famigliare, perfino a volte di uno stato professionale. La vita stessa del figlio introduce un sentimento potente di morte; morte del figlio il cui handicap è un segno premonitore, morte del genitore che la presenza del bambino e del suo avvenire interpella. ”Che sarà di lui quando io non sarò più qui?”. L’handicap sembra interdire ai genitori la morte. Il padre così si vede invaso
da doveri che oltrepassano le sue forze e mettono a prova il suo coraggio.

Come uscire da tali sentimenti negativi?
La presenza dell’handicap è sentita profondamente come un’ingiustizia e genera senso di colpa. Quando si subisce un male, senza conoscerne la causa, si è portati
a rendersene colpevoli. I vicini voglionoconvincere con argomenti scientifici che nessuno è colpevole. Ma sapere che il bambino ha un gene inadeguato non ha alcun impatto sul sentimento di colpa, anche se è importante conoscere la causa in vista di quanto si può fare… Per il genitore, ciò che conta, è “la causa della causa”: perché è capitato a lui? La prima liberazione del padre consiste nell’esprimere la sua collera, di essere
ascoltato nella profondità della sua sofferenza senza essere giudicato. Tutti questi sentimenti, desiderio di fuga compreso, sono legittimi. La seconda tappa consiste nell’accogliere a realtà, facendo prima il lutto del bambino sognato – tutti i padri devono farlo – poi quello del figlio senza handicap. Non è facile ammettere che alcuni apprendimenti che fa ogni bambino, il suo non li farà, non totalmente o non all’età dovuta. All’obbiettivo di rendere il figlio normale, illusione così devastante, si sostituiranno obbiettivi realistici di progresso preciso da raggiungere. Lo sguardo dei genitori passerà dal negativo che elenca tutto ciò che il bambino non può fare, al positivo che sottolinea i progressi, le tappe raggiunte, per la gioia di tutti.

Qual è il ruolo del padre e la sua responsabilità particolare nella coppia?
Distinguo quattro funzioni paterne:

  1. Dare e far crescere la vita fisica confermando nel bambino il sesso cui appartiene. Il padre possiede uno sguardo più distaccato sul corpo del figlio rispetto alla madre e può scoprirvi sintomi o potenzialità nascoste.
  2. Iniziare e sviluppare la vita intellettuale. Questo passa attraverso il linguaggio e gli apprendimenti di base adattando le esigenze alle possibilità. L’obbiettivo è sviluppare il gusto di imparare a misura del bambino.
  3. Iniziare alla vita di relazione, entrando prima di tutto lui stesso in relazione con il bambino per “staccarlo” dalla madre; il padre ha come ruolo di stabilire le regole della vita di relazione: ricordare la proibizioni, i limiti della libertà che rispetta quella degli altri, l’importanza del perdono.
  4. Infine iniziare e far crescere la vita spirituale. Il bambino disabile può avere con Dio un accesso diretto e semplice che ha molto da insegnarci. Ancora bisognerà fargli capire che Dio lo ama come egli è, forse anche di più, e che Egli abita in lui.

Sono obiettivi ambiziosi…
Si, ma attenzione: nessun padre può ottenere per il proprio figlio la bellezza e l’integrità del corpo, la capacità intellettiva sperata, la riuscita della vita affettiva…
Egli può solo favorire l’emergere di una persona unica con le suo debolezze. Il più bel regalo del padre è di meravigliarsi davanti al dono di suo figlio qualunque sia questo dono: capacità artistiche, arte di entrare in relazione, di esprimere la gioia, attitudine al perdono… Passare dai propri desideri sul bambino alla scoperta dei suoi doni nascosti implica fare un lavoro su di sé. L’autonomia è uno dei quattro obbiettivi dell’educazione, insieme all’educazione alla libertà, alla comunicazione e alla fiducia in sé. Si crede però spesso che autonomia sia sbrogliarsela da solo nella vita: questa è l’indipendenza. L’autonomia è l’arte di domandare e ottenere l’aiuto di cui si ha bisogno per formulare i propri progetti e realizzarli. Educare all’autonomia è quindi aiutare una persona a discernere ciò che può fare da sola e ciò per cui ha bisogno degli altri. I genitori sono sottomessi a grandi tentazioni: superproteggere il figlio, scoraggiarlo nei suoi progetti audaci. Il padre è colui che spinge il figlio a formulare i suoi desideri e che lo aiuta a realizzare un progetto di vita. Infine una tappa difficile per ogni padre è sapersi ritirare, dopo aver accompagnato il figlio, per lasciargli vivere la sua vita.

Si ha l’impressione che il padre di un figlio disabile debba essere perfetto…
Il primo obbiettivo del padre non è forse semplicemente amare il figlio, aiutarlo e interessarsi al suo avvenire, dal momento che l’handicap richiede un surplus d’amore e d’attenzione? La cosa più difficile forse è che il figlio svelerà al padre dei limiti a lui sconosciuti. L’handicap diviene un rivelatore della nostra profonda umanità, un cammino di verità. Se il padre con umiltà davanti al figlio può riconoscere che non è sempre stato all’altezza, gli fa un regalo essenziale. Perché il figlio allora ha la possibilità di perdonare al padre i momenti in cui lo ha fatto soffrire; è l’esperienza ultima dell’amore. In risposta il padre saprà dirgli: “Figlio mio hai fatto uscire dal mio cuore tutto l’amore di cui non mi credevo capace, sei mio figlio, mia figlia tanto amato/a”?

di Gilles Le Cardinal, Ombre e Luci n.92, 2005

Gilles Le Cardinal è professore di comunicazione all’università di Compiégne, membro dell’Arca, padre di tre figli, autore del libro “Vivere la paternità” edito da Desclée de Brouwer, con prefazione di Jean Vanier.

 

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Un padre rivela il dono unico di suo figlio ultima modifica: 2005-12-05T11:12:20+00:00 da Redazione

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