Credo capiti a tutti e nelle situazioni più disparate (famiglia, lavoro, scuola, comunità di ogni tipo, ma anche in una festa, ad un pranzo, in un’attività di volontariato…) di sentire la differenza tra la convivenza e la coesistenza. Tutti sappiamo — e lo viviamo quotidianamente — come a volte si sta insieme perché non si può farne a meno, ma che manca qualcosa di fondamentale per sentirsi in pace, per godere della presenza dell’altro o degli altri.

Che cosa manca, che cosa se n’è andato, che cosa è cambiato, che cosa è finito?

Penso all’entusiasmo con cui ci si prepara a metter su casa, a formare una coppia, a dar vita a un’associazione, a cominciare un lavoro nuovo… Si è eccitati, la vita insieme ci attira, si fanno sogni, si prevedono sviluppi e miglioramenti. Poi, d’un tratto, si scopre che questo slancio iniziale è svanito; si cerca disperatamente di esaminarne il perché. Si comincia ad addossarsi reciprocamente le colpe. Si individua il colpevole. La situazione peggiora e si vive di nostalgie, si guarda al passato, si entra in una tremenda spirale di pessimismo e di rassegnazione o si cede all’impulso di fuggire, a volte di distruggere.

Come scegliere i “buoni passi” per ricominciare, per scrollarsi di dosso quel senso di fatalismo incombente, l’“ormai non c’è più niente da fare”?

Eccone alcuni — non certo esaurienti e non perseguibili in situazioni gravi, patologiche e irrimediabili — elencati senza un ordine preciso, dettati dall’esperienza più che dalla teoria.

  1. In ogni gruppo, ci sono persone più o meno simpatiche; alcune rispondono ai miei gusti, al mio modo di essere, al mio tipo di educazione e di cultura; altre non mi piacciono, pensavo fossero diverse; mi deludono, mi irritano, suscitano in me ribellione e violenza. Verso queste “altre” è bene compiere qualche “buon passo”. Forse il loro modo di essere ha qualcosa a che vedere con la parte di me che deve cambiare, quella mia vulnerabilità che non voglio riconoscere. Da loro e dai loro atteggiamenti mi possono venire dei segnali utili perché io diventi “simpatica” nei loro confronti.
  2. Può accadere che, senza accorgermene, io tenda a imporre la mia autorità, il mio potere — a volte la mia prepotenza — sul gruppo di persone che mi sta attorno. Quando gli altri non sono d’accordo, mi sento ferito e — invece di accettare la “sconfitta” — pretendo di attaccarli, denigrandoli, accusandoli…
    Andare verso gli altri per avanzare, vuol dire rallegrarsi sempre quando loro trovano i “buoni passi” diversi dai miei. Far crescere gli altri è a volte sinonimo della mia diminuzione accettata come un bene per me e per loro.
  3. Convivere nella pace vuol anche dire essere convinti che gli antagonismi, i conflitti, le incomprensioni sono parte “organica” dell’esistenza. Perché i pezzetti del mosaico stiano bene insieme, bisogna smussarne gli angoli, togliere le asperità…Solo così la colla può aderire, tenere bene. Altrimenti si forma un puzzle che al primo urto si frantuma.
  4. Nelle famiglie o nei gruppi c’è quasi sempre una o più persone apparentemente più fragili delle altre: bambini, persone anziane, disabili, malati… Se è vero che queste persone richiedono spesso attenzione, dedizione, a volte sacrifici e necessità di alternarsi al loro fianco per non crollare, è anche vero che proprio loro costituiscono il collante fra i componenti che li circondano. La loro presenza — anche se scomoda e perfino estenuante — può far uscire dal profondo di noi quella parte che vorremmo tenere nascosta: la nostra debolezza. Ci accorgiamo che anche noi, forse più di loro, abbiamo bisogno di aiuto, che anche noi da soli non stiamo in piedi.
  5. La pace in noi stessi e fra gli uomini non viene dalla superiorità, dal potere, dalla sicurezza. La pace e la gioia di vivere insieme sgorga, come da una fonte, dal riconoscimento di aver bisogno di Dio e dei nostri fratelli per saper amare e perdonare.

    – Mariangela Bertolini, 2004

Mariangela Bertolini

Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.

Tutti gli articoli di Mariangela

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.

Sommario

Editoriale

Convivenza, non coesistenza di M. Bertolini

La chiesa è per tutti?

Una mamma scrive ai vescovi di T. Turrini
Una messa poco dignitosa di Silvia Gusmano
“Per voi e per tutti” di Cristina Tersigni

Articoli

Come accompagnare piccole e grandi crisi di Anna Aluffi Pentini
Giulio racconta: pensavo sempre a lui
“Filippide” Correre insieme dal Tibet al Polo Nord di Huberta Pott
La Shiatsu dei volontari dell’APIS a Roma di Giulia Galeotti
Felice di vivere di Myriam

Rubriche

Dialogo aperto

Libri

Piovono mucche e nuovi libri di Tea Cabras

Convivenza, non coesistenza ultima modifica: 2004-03-10T16:43:29+00:00 da Mariangela Bertolini

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