Questa forma di drammatizzazione la ritroviamo addirittura come unica forma di linguaggio per comunicare presso i primi uomini quando non avendo un linguaggio verbale abbastanza evoluto per esprimere i propri bisogni, i propri sentimenti, i propri desideri, utilizzavano il linguaggio del corpo, la cosiddetta mimica corporea.
Già i Greci e i romani conobbero spettacoli muti, nei quali si esprimevano solo per mezzo del gesto; nel cinquecento gli attori potevano esercitare pericolosamente la satira politica attraverso la pantomima.
Il mimo moderno si è sviluppato principalmente in Francia negli anni 30 in un arte in cui i contenuti vengono espressi esclusivamente con i movimenti del corpo con i gesti e le espressioni del volto, in assoluto silenzio oppure con l’accompagnamento di un commento musicale, ma poi si affermò l’idea secondo cui il mimo non dovesse riprodurre azioni umane per mezzo di gesti, bensì esprimere lo stato d’animo del personaggio mediante una sublimazione figurativa dei suoi atteggiamenti.
Notiamo quindi come, quell’educare i nostri ragazzi, e noi con loro, quell’autocontrollo, a quel dare efficacia ai gesti, all’espressione del volto, al movimento corporeo assurga ad un’autentica arte attraverso la quale tutti, senza essere grandi attori, senza la necessità di mandare lunghe parti a memoria, cosa impossibile per i nostri ragazzi, possono comunicare dando e ricevendo, molto più efficacemente che con il linguaggio verbale, proprio come la mamma comunica con il suo piccolo appena nato: l’espressione del volto è il loro primo mezzo di comunicazione.
Se poi mettiamo come contenuti gli insegnamenti di Gesù abbiamo raggiunto il mezzo più efficace per rendere accessibile a tutti la parola di Nostro Signore.
È uno dei momenti di approfondimento più efficaci. È un momento di preghiera senza che ne siamo coscienti. Non è la preghiera contemplativa quale siamo abituati a considerare, è una preghiera che si realizza attraverso le vibrazioni tra le persone; immaginiamo la Parola di Gesù che penetra nei nostri pensieri mentre cerchiamo di dar le vita, i Suoi insegnamenti ci pervadono, prendono corpo, si traducono in gesti semplici, quasi usuali, viviamo la Sua Parola, la interiorizziamo e la facciamo nostra. È una partecipazione corale attraverso elementi non verbali, attraverso gesti che hanno valore per se stessi si è venuta creando un’atmosfera di armonia, semplicità, pace.
Immergersi nelle situazioni di una parabola, riviverle attraverso i gesti, i movimenti del corpo, significa penetrarne il significato e comprenderlo come mai qualsiasi tentativo di parole su parole potrebbe raggiungere.
Gesù che alza la mano nel proferire le parole dette dal lettore, Gesù che accarezza, che abbraccia, che benedice, sono così toccanti che io spesso, e non solo io, mi ritrovo con gli occhi umidi, profondamente commossa.
Il silenzio intorno è totale, ogni attore-mimo è attento, serio come mai, cerca di esprimersi con tutte le sue capacità e ci riesce, perché la Parola veicola con tanta efficacia da coinvolgere tutti.
Il carnet de Route ci dice che molti trovano superato il termine «mimo» perché richiama alla mente gli attori gli spettatori, una storia che si cerca di tradurre con dei gesti. Propone di chiamare questo momento essenziale del nostro incontro: “Rivivere il Vangelo”. Ma noi che abbiamo capito che il “mimo” è un mezzo semplice accessibile a tutti, compresi soprattutto i nostri ragazzi, di esprimere i propri vissuti, rivivendo la Parola di Gesù, chiameremo questo momento “Rivivere il Vangelo” attraverso il mimo.
Questo momento comporta alcuni aspetti:
– vivere la Parola di Gesù con tutto il nostro essere durante il mimo;
– dopo il mimo comunicare con le proprie parole quello che si è vissuto nell’ interpretare la Parola di Gesù e condividerle.
– dopo l’incontro vivere il messaggio d’amore concretamente, con i nostri fratelli.

Vittoria Episcopello, 1998

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Il Mimo: momento di preghiera a Fede e Luce ultima modifica: 1998-12-07T13:28:57+00:00 da Vittoria Episcopello

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