Arme-Marguerite Vexian è ortofonista. Quindici anni fa si è specializzata nella rieducazione dei giovani autistici. Questa esperienza la rende particolarmente adatta a presentarci la persona autistica e il suo comportamento.
Qui troverete una breve spiegazione sulla «comunicazione facilitata», il metodo da lei portato dal VAustralia.

Il piccolo autistico è spesso un bel bambino. Il suo comportamento incuriosisce e sconcerta perché sembra che sia indifferente alla vostra presenza. Vi si avvicina e vi tira i capelli oppure non risponde quando gli parlate. Non vi guarda negli occhi; se parla, si esprime in maniera strana: usa il pronome «tu» per dire «io» o ripete come un pappagallo quello che gli dite. Qualcuno emette grida stridenti e può avere terribili momenti di collera. Conosco giovani autistici che si tappano le orecchie, altri che si dondolano per ore avanti e indietro… Spesso hanno reazioni inaspettate e a volte violente. Questi bambini possono mordersi, picchiarsi la testa, oppure essere aggressivi nei confronti degli altri. Ultimamente ho ricevuto da un ragazzo un colpo di testa così forte che mi sono fratturata il naso. Il mio è un mestiere a rischio!

Come reagire di fronte a un neonato che non vi tende le braccia e rifiuta ogni contatto fisico? Come comportarsi con un bambino che, invece di abbracciarvi, vi morde o vi graffia e che, quando lo lasciate, non piange mai?… Alcuni di questi bambini inoltre non riescono a dormire e le notti diventano un supplizio per i genitori.
Il bambino autistico non sa giocare e quando si trova con i compagni della sua età si tira indietro e rimane nel suo cantuccio. Può essere ossessionato da un oggetto che fa roteare in aria con un’abilità straordinaria. Sopporta male ogni cambiamento, non si adegua facilmente alle regole. Alcuni autistici sono molto passivi, altri si muovono continuamente.
Cosa provoca questi strani comportamenti? Perché questi bambini vi ignorano? Cosa pensano? Sono problemi che ancora dibattiamo senza aver trovato risposte chiare. In certi momenti abbiamo l’impressione di cogliere una piccola luce di intelligenza, ma presto veniamo dirottati in un’altra direzione per un comportamento del tutto diverso e siamo costretti a dire: «Ma no, non capisce niente».
L’autismo compare prima dei tre anni. Questo è uno dei criteri di diagnosi. La sua evoluzione è molto variabile: dipende dal livello dell’handicap e dalla forma che assume. Esistono numerosi «sottogruppi». Con la parola autismo sono indicate patologie differenti. Vi sono tuttavia dei sintomi costanti che permettono di raggrupparle: i disturbi della comunicazione (non soltanto verbale ma anche gestuale), grosse difficoltà di relazione, e stranezze del comportamento. Sembra che ciò derivi dal fatto che il bambino autistico riceve un flusso di sensazioni e di informazioni che non riesce a smistare e ad analizzare. Si rifugia allora in comportamenti ripetitivi che attenuano il malessere.
Certamente il progresso dei giovani autistici dipende prima di tutto dalle attitudini di ognuno di loro (soprattutto neuromotorie) ma dipende anche dalla qualità dell’educazione. All’inizio credevo che il bambino autistico dovesse imparare a parlare come gli altri. Questo è in realtà troppo difficile. Con un bambino molto piccolo è necessario mettere urgentemente in azione dei modi di comunicare che vengono chiamati «alternativi ».

Le difficoltà della vita familiare e sociale

I piccoli autistici sono spesso mal tollerati. Nei gruppi di bambini che presentano altri tipi di handicap sono quelli di cui ci si occupa meno: non si avvicinano agli altri e non sono affettuosi come ad esempio i bambini Down che vi saltano al collo e vi abbracciano.
Nei centri specializzati pochissimi educatori ricevono una formazione specifica per bambini autistici. In genere ci si aspetta troppo che il bambino prenda l’iniziativa delle attività, mentre bisognerebbe proporgliele. Il piccolo autistico manca di spontaneità e bisogna tenerlo continuamente occupato perché è proprio durante i momenti liberi che si manifestano di più i disturbi del comportamento.
Mancano dolorosamente le strutture adatte al momento dell’adolescenza. Ma è proprio a questa età che c’è una recrudescenza dei disturbi del comportamento: la forza muscolare è aumentata e la violenza assume forme distruttrici.
I fratelli e le sorelle accettano più o meno facilmente la presenza di questo bambino imbarazzante che accaparra tanto l’attenzione dei genitori, che a volte urla per metà del giorno o della notte, che strappa i loro quaderni o i loro libri di scuola e che impedisce loro di invitare gli amici a casa. Conosco fratelli e sorelle che preferiscono negare l’esistenza di questo bambino e non ne parlano a nessuno. Dovrebbero potere confidarsi. Ne conosco anche altri che sono per i genitori un sostegno straordinario. Ma ciò non deve accadere a detrimento della loro vita personale. A volte è difficile gestire tutto questo.

Modificare il nostro sguardo

L’avvenire di questi bambini è molto preoccupante perché l’autismo è un disturbo grave e di lunga durata. I bambini autistici diventano adolescenti e poi adulti autistici. La guarigione non è mai completa e non esiste alcun rimedio miracoloso. I progressi si fanno a piccoli passi; poche persone autistiche acquistano un’autonomia sufficiente a vivere fuori da un ambiente protetto. I più progrediti restano spesso ingenui e immaturi. Nei casi gravi i genitori non possono far altro che tenere il figlio presso di sé oppure metterlo in un centro specializzato. La loro grande preoccupazione riguarda il futuro di questo giovane adulto quando non ci saranno più.
La nuova tecnica della «comunicazione facilitata» mi ha fatto capire che la persona autistica, malgrado la sua apparente indifferenza, prova ugualmente sentimenti profondi. Uno di loro ha scritto: «bisogna indovinare il pianto che sta dentro di me, anche se resto senza lagrime e se faccio grandi sorrisi». Queste parole rivelano che intelligenza e vita interiore sono reali, anche se nascoste dietro le apparenze. Quello che è più importante per noi, ora, è di modificare il nostro sguardo sulle persona autistiche.

A. M. Vexian – O. et L. n. 113

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Che capisce? E noi? ultima modifica: 1996-09-27T08:59:09+00:00 da Redazione

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