“La Nostra Famiglia”

Da un paio di mesi ricevo la vostra rivista «Ombre e Luci» che leggo con interesse, essendo la madre di un bimbo autistico. Nel n. 30 c’è l’articolo riguardante il Centro «La nostra Famiglia» ricco di documentazioni che lo elogiano. Io vorrei farvi conoscere la mia personale esperienza nei riguardi del suddetto centro.
L’anno scorso, avendone sentito dire un gran bene, mi decisi a scrivere inviando la documentazione medica su mio figlio, affinché potesse essere accolto e curato presso uno dei tanti Istituti sparsi in Italia sotto il nome «La Nostra Famiglia». La risposta, dopo mesi di attesa, fu un secco «no» privo di motivazioni. Non mi arresi e chiesi che almeno mio figlio potesse essere preso in esame per una settimana. Mi fu accordato e andai col bimbo. Subito all’arrivo mi dissero che non mi facessi illusioni perché di accoglierlo non se ne parlava. Il bimbo fu esaminato, io parlai e riparlai con tutto lo staff medico cercando di far breccia, ma senza riuscirvi. Tutto quello che seppero dirmi fu:
1. Che il bimbo, essendo siciliano, doveva servirsi di strutture siciliane.
2. Che essendo molto vivace, ci voleva u na persona solo per lui.
3. Che, non essendo secondo loro, un soggetto con prognosi favorevole, doveva dare la precedenza a casi meno disperati che potevano avere dei sicuri miglioramenti.

Queste cose, nella loro incongruenza, mi sono state buttate in faccia. Io mi chiedo:
1. Se esistono casi irrecuperabili oppure se tutti possono, se ben trattati, fare i loro, più o meno piccoli progressi. Chi può dirlo? (e per fortuna mio figlio è bello, intelligente e amato da tutti).
2. Se ora che si va verso l’Europa unita questi meschini razzismi regionali siano ancora tollerabili.
3. Se, alla luce delle precedenti considerazioni, il suddetto centro non farebbe bene a cambiare il suo nome, giacché questa è u na Famiglia chiusa, in cui non si entra senza determinate prerogative. Non è la «Nostra» ma la «Loro Famiglia!». Gradirei che pubblicaste questa mia con nome e cognome, anche perché non mi pare giusto che le fami •glie, già in difficoltà per la disgrazia che è toccata loro, leggendo di questo centro miracoloso, corrano per vedersi chiusa la porta in faccia. A me personalmente la Direttrice disse per consolarmi «che ne respingono a centinaia!». Era u na suora. Non continuo e vi prego di scusare il mio sfogo.

Finetta Guerrera

Abbiamo presentato il centro di riabilitazione di Conegliano della Nostra Famiglia esprimendo il nostro giudizio positivo. Ci è sembrato un servizio
di grande qualità come vorremmo che ce ne fossero in maggior numero in tutta la penisola.
Questo non vuol dire che l’accoglienza nei centri della Nostra Famiglia è aperta a tutti i bambini portatori di handicap d’Italia.
Noi abbiamo dimenticato di dire — quello che purtroppo si sa — che sempre di più questi servizi sono aperti alle persone del territorio, soprattutto quando si tratta di bambini che è bene non siano staccati dalla famiglia. Questo non vuol dire che anche in quell’Associazione non si possono fare degli sbagli.
È sempre difficile «rifiutare» di accogliere qualcuno quando soprattutto ha necessità urgente per sé e per la famiglia di trovare e ducatori competenti e qualificati. Ed è altresì difficile fare posto quando posto non c’è.
So, per averlo sperimentato di persona molte volte, che quando i direttori di centri di bambini e di adulti, chiudono la porta, sembra che non abbiano la giusta attenzione e la generosità che ci si aspetta. Ma non mi sembra giusto accanirsi contro chi in buona fede non può accogliere o spiti nuovi, vuoi perché realmente non possono, vuoi perché soggetti che richiedono forze superiori a quelle che possiedono. Questo vale non solo per la Nostra Famiglia ma anche per i pochi istituti o centri che, essendo validi, sono presi d’assalto quotidianamente da tante persone. Io mi auguro che i genitori legati in Associazioni di vario tipo, a seconda dell’handicap, facciano sentire con maggior forza la necessità di creare strutture di «presa in carico» di tante persone, giovani o a dulte, che non possono accontentarsi di un inserimento scolastico o per le quali la scuola non è in grado di offrire quanto è necessario per aiutare concretamente ed efficacemente il loro sviluppo e le loro famiglie.
Mi sembra che i genitori, i fratelli e le sorelle, abbiano sopportato da soli anche troppo e per questo abbiano diritto a risposte concrete, a meno convegni e dibattiti e parole.

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Fatecele conoscere

Vi voglio ringraziare per tutto quello che mi donate con Ombre e Luci. Nel numero 29 poi, è stata una gioia conoscervi «personalmente».
Il mese scorso, ad un matrimonio di amici nostri, ho conosciuto un giovane che, come lo sposo, aveva prestato servizio civile presso la cooperativa «Il seme» di Busto Garolfo (Milano).
Questa cooperativa si occupa di giovani portatori di handicap con iniziative di lavoro e di organizzazione del tempo libero. Vi mando l’indirizzo perché facciate conoscere Ombre e Luci.
Dopo il pranzo di nozze siamo andati tutti a far festa presso questa cooperativa. La sede — situata in un parco stupendo — è molto bella e ancor più bello è stato il clima di affetto e di gioia che si notava tra i ragazzi, i vari amici e assistenti: sono queste le cose che consolano il cuore!
Trixi Pezzoli

Speriamo di ricevere presto un articolo da pubblicare su Ombre e Luci che ci parli di questa bella cooperativa. Consola il cuore sapere che ci sono tante i niziative di questo genere che spuntano qua e là nella penisola. Fatecele conoscere.

Dialogo aperto n. 32 ultima modifica: 1990-12-26T09:19:08+00:00 da Redazione

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