Non ci schieriamo per l’una o per l’altra di queste posizioni perché siamo convinti che è un bene molto prezioso scegliere quello che si ritiene migliore per il proprio figlio; che migliore vuol dire adatto a lui così come egli è; migliore vuol dire talvolta il non-peggiore; migliore vuol dire quello di cui in questo momento la mia famiglia ha bisogno per sopravvivere…
Ci sembra giusto sottolineare la nostra posizione, anche perché si fa un gran parlare intorno a questo argomento. Frasi del tipo: «Meglio che muoia piuttosto che metterlo in un istituto!» «Preferisco che rimanga con i fratelli piuttosto che…», non ci sembrano né realistiche né giuste nei confronti di tante persone che offrono la loro intera vita e la loro opera per accogliere migliaia di persone che non sanno dove andare.
Siamo convinti che il luogo migliore per un figlio con handicap sia la famiglia. Ma la famiglia non basta né per la riabilitazione, né per l’educazione, né per il tempo libero, né per l’avviamento al lavoro, né — soprattutto — per quando i genitori o vengono a mancare o, non possono tenere il figlio.
Ci sembra doveroso far conoscere i servizi, pubblici o privati,confessionali o meno, purché siano ben gestiti, ben funzionanti, diretti con amore e competenza, senza speculazioni.
Forse un giorno questa conoscenza servirà a qualcuno e ringraziamo il cielo che qualcosa esista, pur con i difetti e i pregi di ogni opera umana.
Abbiamo ricevuto la documentazione e le foto che seguono dalla direttrice della «CASA SACRA FAMIGLIA» situata a FRATTA POLESINE (RO), gestita dalle Suore del Don Guanella.
L’Istituto «Casa Sacra Famiglia», sorto a Fratta Polesine (RO) nel 1900 è un istituto religioso, privato, giuridicamente riconosciuto con D.L. del 29/7/37 n° 1663. La Casa di Fratta Polesine ha iniziato accogliendo alcune bambine orfane, un piccolo numero di anziani (uomini e donne) e qualche sacerdote anziano e solo. Lungo i suoi 85 anni di storia, l’Istituto si è via via trasformato, specializzandosi nel servizio assistenziale e modificandosi nelle strutture architettoniche per adeguare i propri interventi agli orientamenti delle scienze umane e alle disposizioni legislative. Attualmente funziona con finalità di recupero sul piano medico-psico-socio-pedagogico, strutturato in due settori:
- Istituto Medico Psicopedagogico (IMPP), per ragazze handicappate psichiche, di età superiore ai 14 anni.
- Casa di riposo, per donne anziane handicappate psichiche e normali non autosufficienti o con autosufficienza limitata.
La Casa ospita a tempo pieno 84 persone con handicap psico-fisico, di sesso femminile, dai 15 ai 54 anni; due frequentano in forma di esternato.
Circa 7/8 di loro sono da considerarsi fra i casi medio-lievi, con discreta possibilità di recupero finalizzato al reinserimento sociale.
La Casa è costituita da cinque edifici: tre adibiti ad abitazione delle ragazze; uno a laboratori, palestra, sala di economia domestica, sala di musica e studi dell’équipe specialistica; e il quinto a studi medico-sanitari e ad uffici amministrativi ed è dotata di ampi cortili, giardini, prato e terreno coltivato.
Gli ambienti delle ospiti sono strutturati ad appartamenti autonomi (in numero di sette), arredati secondo le esigenze di chi li abita per facilitare l’esperienza di appartenenza al gruppo e ricostituire il più possibile il clima dell’ambiente famigliare.
Ogni gruppo, formato da una decina di ospiti è seguito da una suora educatrice che svolge un ruolo importante di animazione, di stimolazione individuale e di gruppo con lo scopo di ottenere l’autonomia personale, la maturazione e lo sviluppo globale della personalità degli ospiti.
All’interno dell’Istituto funziona l’équipe specialistica composta da due psichiatri, due psicologhe, un’assistente sociale, una direttrice.
Attività riabilitativa e di formazione professionale
All’interno della struttura funzionano sei laboratori, con una maestra d’opera per ciascun gruppo di ragazze che sono addestrate a lavori di tipo artigianale (cucito, uncinetto, maglia, ricamo, bigiotteria, vimini, pupazzeria, pelletteria..) mentre per i soggetti più gravi viene svolto un intervento di terapia occupazionale.
Alle attività di laboratorio si aggiungono:
- educazione fisica e giochi sportivi;
- attività psicomotoria;
- economia domestica attuata con piccoli gruppi di handicappate medio-gravi, per l’apprendimento delle nozioni basilari dell’arte culinaria;
- giardinaggio;
- allevamento di animali da cortile;
- musica e canto;
- attività didattiche di mantenimento culturale;
- ergoterapia nei vari reparti della Casa, consistenti in modeste mansioni di tipo domestico che permettono alle giovani interessate di sentirsi valorizzate.
L’inserimento lavorativo esterno è una méta che ci si prefigge per un numero molto limitato, data la gravità dei soggetti ospitati; rimane però un obiettivo che si persegue a fatica, ma con tenacia.
Per le giovani che presentano sufficienti capacità per svolgere mansioni semplici di tipo domestico o un po’ più impegnative come in qualche azienda artigianale, si ricercano tutte le possibilità per l’inserimento all’esterno.
Gli esperimenti in atto per sei ragazze stanno dando risultati positivi. Ciò richiede all’istituto un impegno continuo: contatti con i datori di lavoro, interventi di sostegno e di chiarificazione sugli stessi e sulle giovani per aiutarle ad inserirsi e a superare le immancabili difficoltà dovute a insicurezza, labilità emotiva e di impegno, relazioni con i colleghi di lavoro, disciplina aziendale, ecc.
Per la socializzazione delle ragazze si cerca di utilizzare le risorse interne ed esterne. Si organizzano uscite in piccoli gruppi per acquisti, divertimenti, passeggiate, utilizzando i normali mezzi di comunicazione e, per le meno capaci, il pulmino dell’istituto.
Si fanno gite ricreativo-culturali e soggiorni climatici estivi (marini e montani) organizzati dall’istituto o da altre strutture sociali esterne.
A tale scopo, per le giovani prive di famiglia, si utilizza anche la Casa al mare di proprietà dell’istituto, a S. Pietro in Volta (VE), dove si organizzano turni estivi, per offrire occasioni diverse dalla normale routine di istituto.
La partecipazione di alcune ragazze a gruppi ricreativo-sportivi giovanili esterni viene vissuta dalle interessate come esperienza gratificante.
Si favorisce la frequenza presso l’istituto di gruppi giovanili organizzati per l’animazione del tempo libero, ritenendola occasione arricchente specie per quei soggetti più difficilmente inseribili all’esterno.
Il rapporto con la famiglia delle ospiti è privilegiato dall’istituto, in quanto si ritiene la famiglia stessa l’ambito da cui deve partire ogni intervento riabilitativo o di recupero.
Si favoriscono e per alcune si sollecitano i rientri in famiglia per le festività annuali e nelle vacanze estive, e quando è possibile si richiede il rientro settimanale o quindicinale.
Il collegamento con la famiglia avviene attraverso interventi programmati dal servizio sociale, con incontri spontanei in occasione delle periodiche visite alla propria parente e con incontri in équipe Medico-Psico- Pedagogica, per suscitare nei familiari un atteggiamento di maggior partecipazione personale ai problemi delle ospiti e all’organizzazione delle diverse attività dell’Istituto.
1986
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.15, 1986
Sommario
Editoriale
Se loro non si muovono di Mariangela Bertolini
Articoli
La fortuna di avere Daniela di Gertrude Calenzani
Per un risveglio religioso dei più handicappati di Henri Bissonier
Casa Sacra Famiglia
Mary Mount: Settimana al Sole di Nicole Schulthes
Rubriche
Dialogo aperto
Vita Fede e Luce