Gli altri siamo noi

Il cinema e la disabilità, una riflessione

Alessandro De Simone

Alessandro De Simone

Scrive su Gioia, Io Donna, L’Espresso, GQ Italia on line, Gazzetta dello Sport, Rivista del Cinematografo, Movieplayer

Gli altri siamo noi, non è solo il titolo di una canzone, anche bruttina a dire il vero. Ma è quello che dovremmo pensare ogni volta che pensiamo che qualcuno possa essere diverso a causa di un neo. Grande o piccolo che possa essere questo neo. Farsi balenare questo pensiero quando si vede una persona con una qualunque tipologia di sindrome, o di inabilità fisica o patologica, non è diverso dal giudicare qualcuno per il colore della pelle, o per il suo credo. Anche questa è discriminazione. (…) Fondare un consorzio civile su amore e rispetto è già una solida base di partenza. Al netto di una fisiologica percentuale di irrecuperabili non in grado di carpire l’importanza di questi due sentimenti, alla gran parte dei “sani” è stato il cinema a dare una gran mano, affrontando spesso storie di disabilità evidenziando proprio quanto l’integrazione e la normalizzazione della diversità sia una delle prime necessità per chi ha questo superpotere, e quindi di conseguenza grandi responsabilità.

Quindi, sì, gli altri siamo noi, ogni volta che ci tratteniamo dal mandare a quel paese una persona maleducata su una sedia a rotelle.

E per quanto possa sembrare paradossale, sono proprio i supereroi, dominatori del cinema contemporaneo, un esempio lampante di disabilità, diversi per natura e spesso osteggiati. Esempio lampante sono gli X-men, i mutanti della Marvel, osteggiati e braccati. Questione di ignoranza, anche quotidiana e francamente normale, perché come si suole dire non si nasce imparati. Ben vengano allora quei film che spiegano per bene cosa vuol dire avere una disabilità, nelle sue forme più diverse. Che sia congenita o acquisita, conoscerla è il primo passo verso l’integrazione. Ci sono stati tanti esempi, molti li riportiamo di seguito, nelle miniclassifiche di alcuni critici e giornalisti cinematografici. Senza dimenticare che non bisogna fermarsi alla superficie e all’apparenza, cosa sempre più comune nella società contemporanea, che anzi sta creando nuove categorie di disabilità. Quelle emotive ed esistenziali, che non sono da sottovalutare. La divulgazione, nelle sue forme più diverse, è quindi fondamentale. Il cinema, in quest’epoca in cui le immagini sono comunicazione primaria, è fondamentale per questo processo di sensibilizzazione. Per quello che viene prodotto e per quello che è stato fatto in passato. L’importante è che l’essere umano venga trattato come tale, e questo vuol dire come parte di un tutto, e non come il magico extraterrestre o il buon selvaggio.

Siamo sempre stati ammirati dalle capacità di Dustin Hoffman in Rain Man, ma no, non vuol dire questo essere autistici. Lo si capisce molto meglio nel bellissimo documentario Life, Animated, in cui un bambino riesce a connettersi con il mondo grazie ai personaggi dei cartoni animati della Disney. E il mondo con lui. Essere paraplegici non vuol dire cancellare pulsioni e desideri. Lo spiega bene il poeta e giornalista Mark O’Brien raccontando la sua storia nel magnifico The Sessions, in cui rivendica il diritto di perdere la verginità e fare l’amore. Perché non bisogna mai dimenticare l’importanza degli affetti, della famiglia, di quelle persone che quotidianamente sono sottoposte a una routine diversa, ma che se fatta con amore non è diversa da quella di qualunque altra coppia o famiglia. E non bisogna per forza andare a Hollywood per trovare storie ben raccontate. Nella lista qui sotto ne trovate di italiane ed europee, nelle declinazioni più diverse. Perché non vedere queste ben più di cinquanta sfumature di diversa bellezza significa essere affetti da una grave miopia sociale.

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Gli altri siamo noi ultima modifica: 2019-11-17T18:11:03+00:00 da Alessandro De Simone

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