Gira in rete da qualche mese il video di un antropologo statunitense, Simon Sinek, che credo in tanti avranno visto. In poco più di quindici minuti sottolinea alcune delle fragilità più evidenti della generazione tra i 18 e i 34 anni, detta dei millenials, spesso etichettata come pigra, ripiegata su di sé, vanitosa, iperconnessa. Quelli che la compongono, sono descritti da Sinek come giovani ai quali durante la crescita non è stato permesso di affrontare frustrazioni, incapaci di intessere relazioni sociali stabili e significative, impazienti, desiderosi di lasciare il segno nell’ambiente in cui vivono, che cercano e ottengono gratificazioni, immediate grazie alle moderne tecnologie.

Nel mio immaginario, impazienza e voglia di cambiare il mondo coincidono con l’idea che ho di “giovane”; persone lasciate a sé stesse a guardarsi allo specchio di uno schermo telefonico, invece no. Concentrato solo su di me o trasformo l’altro in un oggetto, su cui posso lasciare il segno, sopraffarlo anche con violenza oppure divento un disadattato, depresso, sfiduciato in me e negli altri, inconsapevolmente dipendente dai dispostivi tecnologici ora disponibili (ed il mondo adulto non è che sia immune a tutto questo, anzi…).

Le cose più importanti della vita, quelle che danno un senso alla vita, ricorda Sinek, hanno per definizione bisogno di tempo e – aggiungo io, perché non mi sembra scontato – dell’altro in carne e ossa: l’amore, la fiducia, la stabilità delle relazioni, la gioia che non sia semplice e passeggero divertimento.

Le storie che troverete in questo numero, sono fatte di tempo e pazienza, investimento su sé e sull’altro.

Certamente dobbiamo ricordarlo noi stessi e farcene testimoni per indicare un senso Alto e Altro che deve riguardare ciascuno, in qualsiasi ambiente ci troviamo a vivere: in famiglia, nella società, nella scuola e nello sport. Papa Francesco, alla XXXI Giornata della Gioventù a Cracovia, ha usato parole come fratellanza, fraternità, comunione e famiglia per rispondere alla terribile tentazione dell’uomo di lasciare il segno nel mondo aggiungendo violenza a violenza, odio all’odio.

Le storie che troverete in questo numero, sono fatte di tempo e pazienza, investimento su di sé e sull’altro; sono veri e propri percorsi di alleanza e di inclusione che prendono vita in famiglia e nello sport, a scuola o nella propria associazione, nella Chiesa o nel tempo libero di un campo estivo. Esperienze che penso rappresentino provvidenziali antidoti per combattere divisioni, individualismo e solitudine, disagi, spesso veri e propri mali che affliggono il nostro tempo e il nostro mondo.

Cristina Tersigni, 2017

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.139


Connessi per davvero ultima modifica: 2017-09-06T16:28:44+00:00 da Cristina Tersigni

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