Una macchina che slitta deve essere riportata sulla «retta via» con manovre «dolci». Così, in questi anni ho acquisito, superando il terreno impervio dell’emotività, un certo equilibrio. Ho cercato di analizzare le mie reazioni spesso impulsive, e di meglio comprendere i sentimenti contrastanti che da sempre mio fratello suscita in me. Non è facile vivere «dondolando» tra l’amore e l’odio, tra la comprensione e la condanna, e affrontare una «tempesta del dubbio» ogni quindici giorni: questa non è vita. Crescendo, le tante paure e fragilità si sono trasformate in forza e tutto questo mi ha aiutato moltissimo nel mio rapporto con lui.

Io sono Daniele, ho ventiquattro anni e sono il fratello di Pablo, ragazzo affetto da spasticità e da ritardo mentale. Il mio rapporto con lui è fatto di piccole complicità, di grandi litigate, di lunghi silenzi spesso sereni, ricchi più di mille parole.

Quando rimaniamo da soli in casa, quelle rare volte che i nostri genitori escono la sera, ci divertiamo moltissimo. Si instaura automaticamente un «feeling», un rapporto paritetico che ci soddisfa entrambi. Gli orari della serata diventano più elastici, si mangia più tardi, Pablo può ascoltare qualche minuto in più di musica. Il mio ruolo di fratello mi consente ancora oggi di farmi ascoltare da Pablo; è chiaro che con il tempo questo diventa più difficile anche per me. Il miglior modo di stare bene con lui?

Quando siamo soli in casa, Pablo dà il meglio di sé, stiamo bene insieme. Con la famiglia al completo diventa intrattabile. Per questo preferisco passare dieci giorni da solo con lui che cinque tutti insieme. Quando ero piccolo mi vergognavo a portare amici in casa quando c era mio fratello. Ora ciò che mi infastidisce di più non è la sua presenza, ma i miei genitori che gli consentono sempre, in ogni momento, di porsi al centro dell’attenzione. Da solo con me e i miei amici, Pablo sa stare al suo posto, interviene con serietà e non monopolizza la serata con discorsi ripetitivi.

Sono convinto di come spesso la gioia si nasconda tra la sofferenza e sono felice che Pablo mi abbia dato gli occhi per individuarla. Purtroppo questa gioia non sempre riesco a condividerla con lui; con tutto il mondo, si! con lui, no. Forse questa mia paura è ingiustificata, nel senso che spesso penso che i nostri canali di comunicazione siano diversi dai soliti e che siano basati, più che sulla parola, sulla semplice presenza anche se per tutto il giorno ci troviamo in due stanze diverse. In alcuni periodi mi ignora totalmente, quando torna da scuola neanche mi saluta, ma come vede che la sera il mio letto è vuoto, inizia subito a domandare: «Dove è Daniele?».

Daniele Ozzimo, 1996

Dondolando tra l’amore e l’odio ultima modifica: 1996-12-15T16:32:10+00:00 da Redazione

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