I genitori sono più o meno preoccupati del passaggio del proprio figlio all’età adulta.
Hanno sempre un po’ di ritegno di parlare all’adolescente della trasformazione del suo corpo al momento della pubertà, dei suoi primi passi verso l’amore…
La Dottoressa Réthoré, medico e amica delle persone disabili intellettive, si rivolge a loro nel suo linguaggio diretto e vero.

Le metamorfosi dell’adolescenza…, molti genitori vorrebbero che questo non accadesse al loro figlio o figlia disabili. Eppure, sì, questo succede come per tutti e nello stesso modo.
Il giovane vivrà tutti gli interrogativi, tutte le angosce, le incertezze della crisi dell’adolescenza, con più difficoltà degli altri perché farà più fatica ad esprimere ciò che sente. Le paure, le angosce che provoca nell’ambiente familiare, sociale, scolastico, rischiano di aggravare la sua fragilità.
Questi adolescenti hanno bisogno di essere accompagnati con maggior attenzione e benevolenza, ricordando che la stima e il rispetto che si ha verso se stessi, passa attraverso la considerazione che si percepisce nello sguardo degli altri nei propri confronti. Mai quindi umiliare, ridicolizzare, ma rispettare il pudore innato, non colpevolizzare. Aiutare l’adolescente a prendere coscienza delle nuove possibilità che la vita adulta gli offre, ma anche dei suoi limiti. Il lassismo, in questo momento, è molto spesso l’espressione di una dimissione dei genitori e degli educatori. Non si vuole intromettersi, cercando e tentando di trovare soluzioni che non fanno che rimandare la presa in carica dei veri problemi.

Nella verità

Uno si crede un fusto, che può far tutto: «grande io, forte io» dice a me, povera donna, gonfiando i muscoli del braccio o mostrandomi la peluria incipiente sul labbro; «come papà…», eppure, dovrà accontentarsi di quello che potrà fare, in ogni campo. Per un altro, più pauroso, sarà, al contrario, constatare il moltiplicarsi di insuccessi: «io, non posso»; una specie di paralisi davanti ad ogni novità. Nei due casi, dovremmo accompagnare questa sofferenza nella verità: «È vero che non puoi fare questo per ora, ma puoi fare questo… Non puoi guidare la macchina, la moto, ma puoi andare in bicicletta…».
Non lasciar fare tutto e come si vuole, ma rispettare il gusto del rischio, e solo dopo avere, insieme, delimitato il margine di sicurezza ragionevole ed essere intransigenti nel rispetto di questo accordo preso in comune.
Aiutarlo a esprimere le sue angosce, la sua sofferenza, i suoi desideri, nel rispetto del segreto personale (mai parlarne davanti a lui con terzi senza il suo accordo). Permettergli di incontrare da solo, o la persona in cui ha fiducia, con la quale può condividere le sue preoccupazioni.
Aiutarlo ad aver stima di sè – non si può mai amare gli altri quando non ci si stima. In ogni caso non si tratta mai di cancellare, di mascherare l’handicap, di far finta. Quest’handicap c’è, lui lo porta, lo sopporta e rivendica il diritto e i mezzi per viverci insieme… a noi di non deluderlo! Che egli senta profondamente che, come tutti e ognuno in famiglia, anche lui ha un posto specifico, il suo; che lui è insostituibile. Per aiutarlo in questo, affidargli, fin da bambino, un compito adatto alla sua età e ai suoi gusti. Non fare mai al posto suo, quando rifiuta quel compito o lo dimentica. Fargli capire che se non compie la sua missione, qualcuno ci sta male, l’armonia si rompe… Ma in cambio, non dimenticare di dirgli il piacere che si ha tutti della sua partecipazione all’andamento della casa.
Ma è soprattutto nel cuore dei genitori e dei membri della famiglia che deve sentirsi amato, non per compassione o per pietà, ma semplicemente per quello che è, una persona unica e insostituibile.
Questa certezza deve trovarla nella sua relazione con Dio, cosa che richiede da parte nostra un’accompagnamento speciale insieme ad un profondo rispetto della sua coscienza e l’accettazione, in anticipo, di vedere la nostra «buona coscienza» rimessa in causa.

La crisi dell’adolescenza è inevitabile

Questa crisi di adolescenza è temuta da tutti genitori, che vorrebbero farne a meno, negarla… «Manifestazioni sessuali, desideri?… Ma non ne hanno! Sono dei bambini!»
E invece no! Sono come tutti gli altri in questo campo. Sono normali! Le ragazze hanno le regole e possono sognare un marito, un loro figlio. I ragazzi trovano belle le ragazze e, di solito, hanno buon gusto (quando mi parlano di un’assistente o di un’insegnante, spesso c e «la bella» e l’altra…). Amano accarezzare. Hanno erezioni, eiaculazioni. La loro vita sessuale è, per la maggior parte di loro, solitaria; la masturbazione frequente… Questi adolescenti, questi giovani adulti, non sono per niente dei mostri, come alcuni pensano.
Quando si teme che la sessualità sfugga al controllo di una mente debole, quando si teme che essa divenga scatenata o ingombrante… troppo spesso si propone una cura psichiatrica, la contraccezione o anche la sterilizzazione sia dei maschi che delle femmine.

L’angoscia è cattiva consigliera

Negare la sessualità vuol dire renderla esplosiva. Bisogna imparare ad addomesticarla, a socializzarla. Bisogna dare ai bambini, e questo fin dalla prima età, le regole dello «star bene», le «buone maniere» (non si baciano tutti e chiunque, non ci si spoglia quando si vuole e davanti a chiunque…).

La soluzione non è rinchiuderli in un nido, nel bozzolo famigliare. Certi pensano che l’affetto di papà, la tenerezza di mamma bastano a quella ragazza, a quel ragazzo diventati adulti. Ma no! I genitori rischiano così di chiudersi con il loro figlio in una relazione soffocante dove ogni altra persona è esclusa. Non dimenticherò mai il grido di sofferenza di una vecchia coppia che mi portava per la prima volta il loro figlio unico, con handicap mentale, di 45 anni perché, mi dicevano «Siamo diventati i suoi ostaggi». Si detestavano tutti e tre, reciprocamente, da molti, molti anni.
Le pulsioni naturali di questi giovani possono essere trasformate, integrate. Non dico che sia cosa facile, che questo si faccia senza sofferenza, ma dico che è possibile perché questa energia è educabile. Nel corso degli anni, cambia di forma, di oggetto.

Essa può essere orientata verso attività gratificanti (sport, teatro, musica, aiuto agli altri), attività che danno tanto più equilibrio in quanto gli adolescenti vi trovano un piacere condiviso con altri. Qui possono scaturire delle vere amicizie. L’energia vitale, l’energia d’amore è così diretta incanalata verso gli altri, non attraverso rapporti fisici, ma con gesti di delicatezza, di bontà, di solidarietà…
Resta vera però, soprattutto nelle persone colpite da un handicap leggero, una grande sofferenza quando cercano l’anima gemella con cui condividere, la persona da amare… come fanno i fratelli e le sorelle.

Accompagnare, ascoltare, consolare

Se lo si prende in giro, se si reagisce con violenza, se gli si chiude la porta, l’adolescente rischia una crisi molto profonda. La sua sofferenza è vera, è quella di un adulto e non quella di un bambino che presto dimenticherà tutto. La sofferenza dei genitori, la loro legittima ansia, tutto questo è perfettamente reale. Spetta a noi, educatori, medici, amici, nonni forse, accompagnare questa sofferenza, ascoltarla, consolare… e ricominciare!
In questo percorso ad ostacoli, i genitori non sono soli, o, più esattamente non dovrebbero esserlo. Fin dall’inizio, la sola cosa urgente da fare è creare un ambiente caloroso, efficace e discreto intorno a questa famiglia poiché per ciascuno, la domanda, l’angoscia è diversa, e la sola urgenza veramente urgente è smantellare l’angoscia!
Lasciare che il tempo faccia il suo lavoro, accompagnare discretamente, e il giovane capirà progressivamente quello che può fare e quello che non può fare, a partire dal momento in cui avremo saputo rispettare in lui il segreto che dà dignità alla sua personalità, e che gli dà il diritto di essere riconosciuto come persona sotto tutti gli aspetti, capace di amare e di occupare il suo posto unico nella famiglia umana.

M. Odile Réthoré , 1995
O et L. n. 107

All’età in cui si cambia ultima modifica: 1995-03-16T21:19:30+00:00 da Marie-Odile Réthoré

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