Ambiente francese qualche tempo fa al teatro Manzoni di Roma. In programma cera uno spettacolo presentato da una compagnia teatrale del nord della Francia, la compagnia «L’Oiseau Mouche». Gli attori interpretavano «Un cammino dimenticato» per la regia di Francesco Cervantes: sette, tutti attori professionisti e handicappati mentali, come gli altri sedici che fanno parte di questa compagnia itinerante.
All’apertura del sipario il palcoscenico è scuro, la scena nera e grigia, i personaggi addormentati qua e là. La musica, marcata dal suono lancinante di un sassofono, contribuisce a dare un’atmosfera strana, fatta di attesa e di emozione. A poco a poco i personaggi si svegliano. Il tempo è sospeso e loro appaiono sperduti. Il Costruttore, l’Inquieto, il Conciliatore pian piano romperanno il silenzio. Ed ecco il dialogo con la Bruna, con il Silenzioso, con la Sensibile e, alla fine, con il Perduto. La spettatore può ora capire meglio il perché di questo smarrimento: l’autista del pullman che li accompagnava a Le Touquet è morto improvvisamente.

Loro si sono rifugiati su questo terreno incolto e, dopo essersi riposati dalla fatica e ancora molto emozionati, incominciano a riflettere su questa situazione inattesa che darà luogo via via ad una riflessione sulla vita stessa. La Sensibile è stanca per tutti gli avvenimenti sopravvenuti, ma si rende conto che per tutti c’è un Destino. Altri decidono di andar via, forse per chiedere aiuto. Quelli che rimangono preferiscono continuare ad aspettare, sicuri che qualcuno verrà a cercarli. «Perché i medici hanno bisogno dei malati, altrimenti non hanno più lavoro» spiega una delle donne.
All’inizio viene seguita una sceneggiatura scritta, poi l’improvvisazione prende una parte più importante, in particolare nella scelta del momento di ogni intervento. Emerge così la presenza forte e commovente degli attori. E la voce, sommessa all’inizio, che sale e si amplifica un po’ per volta, ci fa scoprire che il Perduto, in principio riservato e timido, riesce poi ad esprimersi pienamente con il suo canto caratteristico e ritmato.

L’Oiseau Mouche

Per scrivere la sceneggiatura Francesco Cervantes è partito dagli attori. Lavora con loro, li ascolta, cerca, e via via crea lo spettacolo. Esso viene costruito attraverso uno scambio continuo con il gruppo degli attori. Alcuni di questi fanno parte della compagnia già da un decennio, altri da meno tempo. La compagnia si è formata da più di dodici anni e ha dato numerose rappresentazioni sotto la guida di registi diversi. Ciò ha comportato la presenza in cartellone di una grande varietà di generi.
Hanno molto viaggiato: in Inghilterra, Svizzera, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Romania e un po’ dappertutto in Francia dove si sono fatti notare in modo speciale al Festival di Avignone.

La compagnia dell’Oiseau Mouche è composta da ventitré attori. Lavorano molto e non si dedicano solo al teatro, ma anche alle arti plastiche, all’espressione, al canto, alla musica, alla videoregistrazione, ecc. L’attore più anziano un giorno spiegò così i suoi sentimenti: «Quello che mi disturba è di essere visto come un handicappato, mentre io sono un attore». Non possiamo che rassicurarlo: erano veramente e prima di tutto degli attori, lui e i suoi colleghi, quando l’altra sera recitavano al teatro Manzoni a Roma.
Unanimità di opinioni all’uscita? Non completamente. «L’azione era troppo lenta e l’atmosfera triste» ha dichiarato il giovane Aureliano che non riusciva a credere che gli attori avessero un handicap. «E un messaggio per noi da parte di chi recita» ha commentato Natalia alla quale lo spettacolo è piaciuto molto. Claudia ha espresso «ammirazione e stupore» e desidererebbe vedere altri lavori, forse un po’ meno pessimistici, di questa compagnia. Ambedue sono state commosse dagli interrogativi posti dagli attori, dalle loro chiamate in causa e dalle loro varie sensibilità.

Marie-Claude Chivot, 1994

Ma noi siamo attori ultima modifica: 1994-12-19T09:38:58+00:00 da Redazione

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