Per introdurre quest’esperienza, tanto utile e positiva, di mia figlia Enza premetto alcune notizie, che facciano luce su di lei, per meglio conoscerla.
Enza è una ragazza di 28 anni, cerebrolesa e con psicosi infantile; la lesione all’emisfero sinistro le impedisce il linguaggio verbale e forse anche quello mentale. Il suo atteggiamento è di tipo psicotico, però si relaziona abbastanza con gli altri; quando sta bene, è contenta e disponibile: aiuta nei lavori domestici, è servizievole. All’ora di pranzo apparecchia la tavola ed è sempre pronta ad alzarsi se manca qualcosa.
Da sempre Enza si esprime a gesti per i suoi elementari bisogni, per quanto è più complesso rinuncia e le sue reazioni sono di tipo emozionale: se è contenta, è collaborante, dà bacini e carezze, accetta la presenza degli altri; quando sta male, passa dall’agitazione motoria all’aggressività. Tale atteggiamento è diventato talvolta costante, tanto da farci temere per un ritorno alla serenità.

Enza andava all’ANFFAS di zona, ma la dimisero circa dieci anni fa, dicendoci che per loro non era più gestibile, in seguito non abbiamo trovato nulla in alternativa.
Da pochi anni soltanto godiamo dell’Assistenza Domiciliare da parte del Comune per sei ore settimanali, tramite due operatori con i quali Enza fa delle lunghe passeggiate.
Ella è molto contenta quando arrivano; essi sono in pratica la sua unica vita di relazione, insieme all’esperienza di Fede e Luce.
Ma in questo Gruppo, per le troppe esperienze negative e per la paura di abbandoni, si era creato attorno a lei il vuoto piuttosto che l’accoglienza.
Però, quando alcuni giovani mi hanno proposto di far fare a Enza l’esperienza del campeggio di Capizzone, seppure con molta perplessità, ho subito preso quest’idea in considerazione. Pensammo di parlarne agli incontri preparatori: avrei esposto il problema di Enza e avrei sentito il parere degli altri.

Così avvenne: in quell’incontro mio marito e io fummo molto incoraggiati e decidemmo che avremmo portato Enza a Capizzone.

Al campeggio, il primo ad accogliere Enza fu un giovane che non conoscevo: restava seduto sulla panchina facendo finta di niente, ma intuii che era lì apposta per lei. Enza si mise subito a correre e a scappare di qua e di là; vidi il giovane che la seguiva avanti e indietro, non la chiamava, non gridava, anzi, a voce bassissima e chinandosi un po’, sentivo che le bisbigliava delle parole in un orecchio, ed Enza camminava così più lenta, rispondeva seppi poi — al canto del giovane con qualche suono: erano entrati pienamente in contatto.

Mi rallegrai subito: stavano ora seduti su di una panchina, diritti; Enza era ferma, sistemata esattamente come lui, non v’era impazienza in lei, sentivo canticchiare il giovane piano piano ed Enza serissima l’ascoltava.
Non mi sono mai avvicinata, non volevo turbare quell’armonia.
Un fatto molto significativo è stato l’organizzazione dei pranzi di mia figlia nel nostro campeggio. Sin dal primo giorno, un giovane mi disse: «Enza da oggi mangia con noi, stai tranquilla e più lontana che puoi». Così feci; il primo giorno ero un po’ preoccupata, avevo paura per le ragazze che le sedevano accanto. Ogni tanto le osservavo, le vedevo così serene e contente di badare a Enza che ciò mi rassicurava molto.

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Un giorno una giovane del mio stesso quartiere mi disse: «Tu Enza non la porti quasi mai alle feste, solo ora la conosciamo meglio». Ma io risposi: «Sappi che ho tanta paura, sto male quando Enza aggredisce qualcuno, mi capisci; cerco quindi di fare solo ciò che mi sembra adatto al gruppo». Ma ella non pareva pienamente convinta della mia risposta.
Sembrerebbe poco quello che mi aveva espresso questa giovane, ma non lo era; io mi sentivo colma di gratitudine: Enza era per intero accolta e non perché si comportasse bene o diversamente dal solito, ma perché questi esemplari giovani erano capaci di accettare i suoi doni e di espanderli intorno a loro.
Angelo e io ne gioivamo, egli era impegnato in cucina a preparare pranzetti, facendo del suo meglio e prendendosi gli applausi quotidiani e gli «Hip, hip, hurrà al cuoco!» Io credo che così facendo Angelo dimostrasse la sua gratitudine: era la prima volta che non era chiamato a badare a sua figlia…

Per la verità ci fu qualche episodio di tensione, dopo il terzo giorno. La sera, iniziò ad agitarsi, era molto stanca, non si fermava un attimo. La prima volta che entrò in contrasto con gli altri io non ero presente; quando Angelo me lo riferì, mi sentii male e pensai che la vacanza fosse finita, ma subito una giovane serenamente mi disse: «Giuseppina, Enza ha dato solo due sberle, non è successo niente».
La sera successiva, si ripete la stessa scena, allora pensai davvero che fosse il caso di tornare a casa. C era vicino a me un giovane al quale confidai che stavo pensando di andarmene. Egli mi disse: «Se lo fai, per me sarà un fallimento, vorrebbe dire che non sono stato abbastanza amico di Enza».
Io rimasi senza parole, restai un po’ in silenzio a godermi il significato profondo di quella frase. Alla fine gli dissi solo: «Grazie per quello che mi dici, così volevo fosse “Fede e Luce”, così è»: ero felice di poter far parte di questo carrozzone e che il Signore mi avesse fatto incontrare persone simili.

Era un clima particolare ed io, oggi, sono molto contenta di aver dato a tutti questo piccolo regalo: l’aver pensato, organizzato e vissuto con loro la Prima Comunione di Enza, un evento così intimo ed emozionante per dei genitori che vedono la propria figlia privata di tutto; ma Gesù è lì, si concede e l’accoglie.
Durante la prima Messa, un’amica, al momento della distribuzione dell’Eucarestia, mi chiese se Enza potesse ricevere la Comunione. Le feci cenno di no, ma in quel momento scattava in me qualcosa: guardavo Cristo Risorto nella piccola chiesa, tutti noi insieme, Enza pienamente accolta e desiderai quindi che anch’ella avesse accesso alla mensa del Signore; non ci sarebbe mai stato un clima migliore. Decisi che quello era il momento, con quelle persone.
Al termine della celebrazione, ne parlai subito con Don Mario Pellegrini, che acconsentì; iniziò così poco dopo la preparazione alla Prima Comunione di Enza, che durò solo cinque giorni, ma furono giornate veramente piene!
Tutti i giorni ci recavamo alla chiesetta a contemplare Gesù: una ragazza l’aveva abituata a raccogliere dei piccoli fiori, che lei sistemava all’altare, lo le dicevo: «Gesù ti vuole tanto bene e ti invita a mangiare il suo pane». Ella allargava le braccia con la massima espansione possibile e io le ripetevo: «Tanto, tanto! E vero, ti vuole proprio tanto bene…».
Così tutti i giorni, per cinque giorni. Nel frattempo i giovani avevano preparato i momenti di preghiera serale ben collegati a questo evento e concludevano con l’ultima Cena mimata dai ragazzi, dove Enza «andava a mangiare nella mensa del Signore il pane che le veniva offerto, quale dono speciale, relazione particolare con Gesù.
Le giovani intanto, insieme ai ragazzi, si misero a preparare un bouquet di fiori, fatti coi fazzolettini di carta bianchi e la carta crespa rosa: venne bellissimo, rifinito poi con un fiocco bianco.

Le amiche avevano cominciato a sollecitarmi per i preparativi e una di loro mi disse: «È ora di andare a prenderle l’abito bianco!» E io: «L’abito bianco, ma vuoi scherzare… Enza è un po’ cicciottella e poi ha 28 anni…» «Giuseppina — mi disse — quello sarà un giorno importante per tua figlia, riceve il Signore, è giusto che sia vestita in un modo speciale.
Anche Enza, quando si vedrà vestita tutta di bianco, capirà ancor di più che si tratta di una festa davvero speciale!»
Era tale il suo entusiasmo, che non potei controbattere: con Angelo, un giovane e un ragazzo andammo alla grande in cerca nei negozi. Fummo fortunati, trovammo subito un bel completino di lino bianco e beige, adattissimo a coprire qualche chiletto in più e le tennis bianche. Ordinammo infine una torta: aveva ragione la nostra amica, era così che Enza andava festeggiata!
Quando arrivò l’ora di andare in chiesa, nostra figlia era molto calma, seria e piena di partecipazione, con il suo bel vestito e il bouquet in mano. Entra in chiesa e va direttamente all’altare, si mette al centro: aveva capito che Gesù, invitandola le dava questo privilegio. Non so quale miracolo sia avvenuto, se da parte di Dio o della Comunità stessa, ma Enza ha percepito la presenza di Dio; come diceva Henry Bissonier, i nostri ragazzi hanno il senso del divino molto sviluppato.
Gesù risorto, allargando le braccia sulla croce, le diceva: «Enza, ti voglio tanto bene!» ed Enza, dopo aver preso l’Eucarestia, alla fine della Messa è andata a baciare ripetutamente il volto di Cristo con un fervore inusuale, allargando le braccia.
Io ho provato in quel momento una gioia, che mi fece sentire tutt’uno con gli altri: Enza era amata e mi sentivo stranamente amata anch’io.
Enza è stata fonte d’amore, fonte d’unità: insieme a noi hanno gioito tutti gli altri, amici e ragazzi. Tutti abbiamo apprezzato i suoi doni e io, con mio marito, ringrazio tanto il Signore per questa gioia vissuta, che «Fede e Luce» ha permesso si realizzasse.

Giuseppina Argento, 1994

Avevo tanta paura! ultima modifica: 1994-12-19T10:08:51+00:00 da Redazione

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