In questo libro è raccolto il risultato di una analisi condotta sulla base di testimonianze personali e di molteplici colloqui. Le due autrici, coinvolte per motivi familiari e di lavoro nei problemi dell’handicap, da sempre appassionatamente attente ai problemi della donna, conducono questi colloqui nell’ottica del femminismo, allo scopo di una precisa verifica: la maternità di un figlio «diverso», che sconvolge totalmente la vita di una madre, manda in frantumi anche gli schemi tradizionali su cui abitualmente ella modella la sua vita di donna? (Per schemi tradizionali esse intendono il ruolo subalterno nei confronti del marito e della società, la chiusura tra le pareti domestiche, il consumarsi per i figli, la propensione anche cieca al sacrificio, la rimozione del proprio desiderio di svago e di piacere… Il tutto vissuto non come scelta libera e personale, ma in obbedienza alle aspettative dell’ambiente che le circonda).

La risposta emersa dall’analisi è negativa: l’essere madre di un figlio «diverso» non altera l’adesione a questi schemi, anzi, speso l’aumenta e la esaspera.

Secondo le autrici la causa non sta tanto nella situazione eccezionale che si crea in famiglia quando c’è un figlio con handicap e che richiede un supplemento di «qualità femminili» ; la ragione di fondo è più generale.

Infatti la violenza della sofferenza e l’enormità di problemi che si abbattono sulla madre la rendono in modo particolarissimo insicura, fragile, bisognosa di aiuto. È la sua stessa identità ad essere minata, l’immagine che ella ha di se stessa. Aiuto, sostegno vero questa madre ne avrà ben poco, e sarà in ogni caso condizionato al suo esser fedele alle aspettative altrui. Infatti, sforzandosi di dominare l’impulso di ribellarsi agli schemi ed entrando fino in fondo nel suo ruolo tradizionale, la donna riuscirà a ricucire il rapporto, anch’esso pericolante, con il marito, secondo lo schema convenzionale «uomo forte e protettore-donna debole da proteggere». La donna allora ottiene aiuto, la normalità, la regolarità che, le sono negate in ogni altro campo, in questo rapporto di cui pure avverte, più o meno inconsciamente, la debolezza mistificatoria.

Il libro vuole quindi denunciare il male che, da questa nevrotica e non autentica situazione, può giungere sia alla madre che al figlio «diverso», e vuole suggerire, pur rendendosi conto dell’estrema difficoltà delle situazioni, di avere più coraggio, di cercare maggiormente, anche attraverso ulteriori sofferenze, la propria autenticità, che finirà col rendere la vita più serena per tutti.

Cosa pensare di tutto questo?

Non possiamo consigliare questo libro come un testo che dia forza, che incoraggi, che aiutai né è un libro sul quale con facilità ci si possa trovare d’accordo globalmente. Alcune delle tesi che sostiene sono però, oltre che vere, anche molto importanti e sarebbe bene discuterne insieme. Non solo le donne devono farlo, ma tutta la società perché essa deve tendere a modificarsi per migliorare i rapporti che ci legano l’un l’altro.

Lucia Betolini, 1988

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.22, 1988

Sommario

Editoriale

Diritto alla festa di Mariangela Bertolini

Articoli

In cerchio di Nicole Schulthes
Fare teatro di Maria Teresa Mazzarotto
La danzaterapia di Maria Fux di Sergio Sciascia
Come fare una festa di Mario Collino
Un pomeriggio chiamato laboratorio di Francesca Polcaro
A scuola di ricamo per imparare divertendoci di Lia Antonioli

Rubriche

Dialogo Aperto n.22

Libri

Libri per lavoretti manuali
Libri per giocare
Madre e handicap di G. Ponzio
Non ha più sedici anni di N. Schulthes
Barriere di carta di M. T. Mazzarotto

Madre e handicap ultima modifica: 1988-04-28T11:04:11+00:00 da Lucia Bertolini

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