Fare teatro è un’attività che richiede impegno ed organizzazione, tempo e voglia di superare le inevitabili difficoltà, ma che ricompensa dando piacere ed allegria, insegnando a stare insieme, a collaborare per uno scopo comune.

  • Per partecipare a questa attività, anche i ragazzi più irrequieti devono accettare alcune regole precise: imparano a controllare la vivacità, ad aspettare il loro turno per entrare in scena o per parlare, devono fare attenzione alle parole ed ai gesti degli altri.
  • Quando nella comunità o in un gruppo Fede e Luce si decide di «fare una recita», come dicono i ragazzi, prima di qualsiasi altra cosa, è necessario riunirsi con tutti gli amici per decidere cosa rappresentare, perché rappresentare quel testo e non un altro e come rappresentarlo.
  • La scelta, per lo più, finisce per cadere su una favola o un racconto tradizionale che poi può venire semplificato nell’intreccio ma arricchito di canti, di mimi, di personaggi secondari, di piccole scene adatte ai nostri attori.
  • Subito dopo nasce il problema della assegnazione delle parti e, a questo punto, la cosa si fa seria. C’è chi vorrebbe fare tutto e chi, per timidezza o paura, si schernisce e dice di non sapere fare niente. A me sembra importante, sia accontentare – per quanto è possibile – i desideri dei ragazzi che aspirano ad un certo ruolo, sia cercare di intuire quale ruolo meglio si adatterà e soprattutto farà sentire a suo agio anche il ragazzo più timido o con qualche problema.
  • Bisognerebbe proprio che l’assegnazione delle parti avvenisse con piena soddisfazione e convinzione da parte di tutti gli attori. Ecco perché si finisce spesso per introdurre qualche personaggio non previsto o per raddoppiare il numero dei protagonisti!
  • È logico che la «parte», a seconda delle possibilità dell’attore, può essere ridotta a qualche significativa battuta, a qualche gesto, ad una canzone cantata con altri, a passi e movimenti che si eseguono con l’aiuto di un altro attore. Ma anche per chi parla senza particolare difficoltà, abbiamo capito che è inutile insistere perché impari a memoria il testo, se questo lo preoccupa: quando il ragazzo è entrato nel ruolo saprà con naturalezza inventare le battute adatte all’azione che deve rappresentare. Questo me lo ha insegnato Mirella che, quando interpretava la mamma di Pollicino, non diceva mai le stesse frasi, ma ogni volta riusciva ad esprimere affetto, sgomento, preoccupazione.
Fare teatro richiede impegno, organizzazione, tempo e voglia di superare le difficoltà.

Gli scenari

  • E le luci? Hanno veramente un potere magico. Ricordo la messa in scena del Vangelo del gruppo S. Paolo. I vari momenti della rappresentazione erano illuminati da luci di colore sempre diverso; i rossi, i viola, i gialli, rendevano comprensibili, più delle parole, il dolore, l’abbandono, l’amicizia, il tradimento e gli spettatori, da quelle luci così suggestive, sembravano incantati.
  • Quando è stato messo in scena «Francesco d’Assisi», Marco, che impersonava il protagonista, una volta indossato il saio, ci ha commosso perché ha trovato con grande semplicità e dignità, i gesti e gli atteggiamenti più giusti. Carlo, che aveva sempre timore di non ricordare la sua parte, quando nel «Gigante egoista» è entrato in scena vestito da sole sfolgorante, ha dimenticato solo la paura e ha svolto il suo ruolo con gioia e sicurezza. Tutto questo per ricordare che anche i costumi, progettati insieme agli attori, sono fondamentali nel gioco del teatro.

I genitori

    • E sono fondamentali i genitori che non solo guardano, ma recitano; a fianco dei loro figli, dando loro maggiore sicurezza, perché in quel caso si è amici impegnati in un lavoro comune, e davanti ai figli che fanno da spettatori perché niente diverte più i bambini che vedere i loro padri «seriosi e importanti» rappresentare magari personaggi buffi o fantastici.
Far teatro dà piacere, allegria, insegna a stare insieme
  • Nel caso che si debba rappresentare un testo avendo veramente poco tempo a disposizione, o quando la messa in scena corrisponde ad un momento di gioco, si può utilizzare, come è stato fatto nella Festa della Primavera a Roma, una cassetta già registrata con dialoghi e musica in modo che gli attori debbano solo muoversi e mimare il testo registrato. In questo modo, i ragazzi utilizzano le loro capacità mimiche ed espressive e si divertono senza preoccuparsi.

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Questi sono solo modesti appunti, osservazioni fatte «sul campo»; chiunque si sia occupato di teatro potrà senz’altro aggiungere a questi, molti altri preziosi suggerimenti. Per me sono ricordi importanti che mi legano agli amici del Gruppo Fede e Luce di S. Silvia e che mi riportano ad esperienze vissute insieme a loro con serenità e gioia.

Maria Teresa Mazzarotto, 1988

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.22, 1988

Sommario

Editoriale

Diritto alla festa di Mariangela Bertolini

Articoli

In cerchio di Nicole Schulthes
Fare teatro di Maria Teresa Mazzarotto
La danzaterapia di Maria Fux di Sergio Sciascia
Come fare una festa di Mario Collino
Un pomeriggio chiamato laboratorio di Francesca Polcaro
A scuola di ricamo per imparare divertendoci di Lia Antonioli

Rubriche

Dialogo Aperto n.22

Libri

Libri per lavoretti manuali
Libri per giocare
Madre e handicap di G. Ponzio
Non ha più sedici anni di N. Schulthes
Barriere di carta di M. T. Mazzarotto

Fare teatro con persone con disabilità ultima modifica: 1988-06-28T13:02:21+00:00 da Maria Teresa Mazzarotto

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