Sono felice di essere al mondo. Sono cieco, ho trent’anni, lavoro a Parigi, sono sposato, abbiamo due figli.

Sono nato nei Pirenei fra Lourdes e Garvanie. Handicappato, mi trovavo un po’ solo in mezzo agli altri. Abitavamo in montagna; per questo ho dovuto farmi un piede da montanaro, imparare a cadere evitando di farmi male e sopportare un buon numero di cadute per ottenere giorno dopo giorno maggiore autonomia negli spostamenti. I miei genitori sono pastori. Mi hanno accolto come si accoglie la pioggia o il sole, senza fatalità, con una gran fiducia nella vita e nella natura. Più tardi ho capito quanto sia bello il lavoro dei miei genitori. È veramente un lavoro per l’uomo, a dimensione e a ritmo d’uomo.

Se per molti la montagna vuol dire lusso, vacanza, sci, per noi è anche solitudine, lavoro senza mai vacanza, perché le pecore non fanno vacanza.

Non ho potuto sfuggire ai dolorosi «Perché io?» ma circondato dagli altri, ho potuto avanzare

Sono cresciuto nel rispetto della natura. Un giorno però ho dovuto lasciare la montagna e partire per Bordeaux, per frequentare una scuola specializzata. È stato uno strappo dalla famiglia dove potevo tornare solo a Natale, Pasqua e per le vacanze estive. La famiglia diventava così più un sogno che una realtà.

Adolescente, non potevo seguire gli altri al rugby o sulle moto… Non ho potuto sfuggire ai dolorosi «Perché io?» ma circondato dagli altri, ho potuto avanzare.

Nelle scuole superiori ho frequentato la scuola normale. Non è stato facile; ero il solo handicappato in classe; senza testi mi dovevo far aiutare sempre. Ma ho preso la licenza liceale e ho cominciato a studiare musica al conservatorio. In un periodo in cui non sapevo più che cosa sarei diventato nella vita, ho avuto la fortuna di incontrare l’amicizia, di incontrare persone che mi ringraziavano perché esistevo. A mia volta ringrazio François e molti altri per aver creduto in me. Non ho potuto scegliermi il lavoro. Non potevo né fare il pastore né essere direttore d’orchestra. L’integrazione professionale è ancora difficile. Non mi è permesso ancora partecipare al concorso per entrare nel coro di Radio Francia: la gente ha paura di tentare l’esperienza.

Ma lavoro ugualmente e oggi un lavoro è una fortuna. Certo, ho le mie difficoltà. Per esempio il pregiudizio delle persone. «I ciechi hanno un sesto senso!» Se sento gli uccelli cantare, se sono particolarmente sensibile alla musica, sento anche in modo particolare il rumore della città, della folla, delle macchine, della metropolitana ed è faticoso. Camminare fra i pali, i parchimetri, i cassonetti dell’immondezza, i lavori in corso, le macchine mal posteggiate, non è una cosa semplice. Passo sotto silenzio le difficoltà per assolvere le pratiche amministrative… Nonostante ciò, cerco «di fare il maggior numero di cose possibili per amore per dimenticare di farne tante per necessità (Marie Noèl)».

Ho la fortuna di avere una bella voce; non mi è dato di servirmene professionalmente, ma sono felice di poter offrire un po’ di gioia agli altri, di poter cantare la bellezza delle opere di Dio. Capita che qualcuno mi ringrazi per questo. Capita anche che io riesca a tirar su il morale di qualche sconosciuto incontrato sul metrò con il buonumore e il canto: mi piace cantare durante il tragitto al lavoro.

Per me è una grande gioia sapere che con il canto riesco a dare un po’ di gioia. Credo che davvero ogni persona, chiunque sia, ha qualcosa da offrire agli altri.

È una grande sofferenza non poter comunicare con gli occhi con Marie-Catherine, mia moglie. Non ci guarderemo mai.

Questo «mai» ci fa male e ci rivolta. Non posso con uno sguardo capire come lei stia; ho sempre bisogno di spiegazioni. E difficile chiedere sempre aiuto, non poter prendere parte alla sistemazione della casa. Non sempre riesco a capire il lavoro e la fatica di mia moglie.

Anche senza gli occhi voglio vivere, perché anche senza occhi posso amare, cantare, ridere, perdonare e credo che la mia vita valga la pena di essere vissuta

Ma, nonostante queste difficoltà, possiamo vivere insieme la fiducia, vivere la tenerezza, vivere l’amore. Samuel, il nostro primo bambino, di tre anni, non vive la mia cecità come un handicap. Gioca al cieco come un bambino gioca a mamma e papà. Impara a tenermi la mano per «mostrarmi i fiori». Da piccolo mi sembrava molto paziente quando lo cambiavo tanto da farmi pensare che capisse la mia maldestrezza.

Mi piace quando scoppia a ridere con David, il fratellino di sette mesi. Mi piace «vedere» Samuel che fa finta di leggere sia con gli occhi che con le mani. Mi piace «vedere» David svegliarsi al mondo che lo circonda.

Non vedrò mai i miei bambini; aiutarli a scuola sarà difficile; dovrò rispondere alle loro domande; dovranno imparare a vivere con i miei limiti. Anche se a volte è difficile, mi piace questo risveglio alla vita dei miei bambini. Non fosse che per il «Buongiorno papà», di Samuel quando si veglia, voglio vivere.

Perché sono cieco? Perché Valérie è mongoloide? Perché Marie-Cécile si è ritrovata su una sedia a rotelle?

Queste domande saranno sempre senza risposta.

Ho la Fede. Credo che ogni uomo è importante e ha il suo posto in mezzo a noi. Credo che Dio ci accompagna nella nostra sofferenza, che Cristo vive in ognuno di noi. Mettersi all’ascolto dei più sminuiti è avvicinare in maniera molto segreta la presenza di Cristo in mezzo a noi. «Quello che fate al più piccolo fra i miei, è a me che lo fate». Vorrei vederci, vedere il sorriso di Marie-Catherine, vedere i nostri bambini che son belli, sembra. Ma anche senza gli occhi voglio vivere, perché anche senza occhi posso amare, cantare, ridere, perdonare e credo che la mia vita valga la pena di essere vissuta.

di André Haurine (da Ombres et Lumiere n. 75)

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.19, 1987

Sommario

Editoriale

Una lettera per te di Mariangela Bertolini

Articoli

La persona con disabilità: segno di contraddizione e fonte di unità di P. Joseph Mihelcic
Non vedo le meraviglie di Dio, ma le canto di André Haurine
Suonare? Perché no? di Giorgio Paci
Forza venite gente di Barbara Pentimalli

Rubriche

Dialogo aperto
Vita Fede e Luce

Lbri

Pedagogia della fede di Henri Bissonier
Come animare un gruppo di A. Beauchamp - R. Graveline
- C. Quiviger

Per tutte le Sabine del mondo di
Danzerò per te di Mireille Nègre
Un figlio per cinque giorni di Mauro Bartolo

Non vedo le meraviglie di Dio, ma le canto ultima modifica: 1987-09-29T12:07:30+00:00 da Redazione

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