Sono la mamma di Sofia, la terza dei nostri sei figli; una bambina molto gravemente handicappata.
Durante i suoi vent’anni di vita, è sempre rimasta a casa con noi. Non camminava, non parlava, non si teneva pulita; ma noi pensavamo che spesso ci sorridesse attraverso le sue grida o le sue risa o i suoi gesti incontrollati…
Ora, liberata dal suo handicap terreno, Sofia è certamente nella gloria dì Dio e — ne sono certa — è lei che ci dà la mano nel cammino della vita.

Sofia resta un mistero

La sofferenza è un mistero. Nella nostra casa, Sofia resta il mistero. È stata difficile questa realtà al momento della nascita; ce ne siamo accorti subito… e allora perché? Perché una bambina così fuori dalla norma, perché questa figlia che a volte sembrava soffrire… che bisognava imboccare per forza per tenerla in vita… che si colpiva la testa fino al sangue… che sbavava…

Per far fruttare la sua vita

Com’era possibile che nostra figlia fosse colpita in ciò che fa la dignità dell’uomo: l’intelligenza? Ci sembrava insopportabile! Un’amica poco dopo la nascita mi disse: «Sai, se tua figlia fosse nata a…. non l’avrebbero lasciata vivere». Questa frase mi aveva inorridita, stravolta. Sofia era un dono di Dio come gli altri nostri figli e noi dovevamo batterci fino in fondo per far fruttare la sua vita.

Quell’Uomo dei dolori

Era un mistero molto duro da vivere! Lunghi anni di solitudine, di isolamento in una specie di tunnel, intramezzati da qualche spiraglio di luce: la grazia si faceva strada poco alla volta. Bisognava continuare a vivere. Confesso che a volte mi faceva male leggere i miracoli di Gesù nel Vangelo; mentre trovato pace leggendo e rileggendo il «Servo sofferente» di Isaia; nel corpo torturato di mia figlia, scarno, sfigurato a momenti, ritrovavo quell’«uomo di dolori».

Lo Spirito riempì il mistero

A poco a poco Cristo agisce all’interno di noi con la potenza del suo Spirito; quando Sofia ebbe nove anni, fu cresimata; lo Spirito Santo riempì allora il mistero di questa vita con la sua presenza. Il mistero diventava Saggezza. Questo nome che avevamo dato alla nostra bambina nel giorno del battesimo si rivelò avere un senso profondo che dovevamo scoprire giorno dopo giorno in tutta umiltà; doveva aiutarci a incontrare il Signore delle Beatitudini: «Beati quelli che piangono… beati i poveri in spirito…». Era dunque per noi; ci eravamo dentro in pieno. Non fu sempre facile tuttavia, nel nostro mondo, nella nostra famiglia.

Ci siamo aperti

Poi ci fu Lourdes: vicino al Cristo, al primo posto si trova sempre sua madre. A Lourdes, Maria ci aspettava: abbiamo incontrato genitori come noi, ci siamo aperti ad altre sofferenze. Vivere la sofferenza nella nostra vita così profondamente attraverso la nostra bambina, ci ha portati alla compassione. Quante volte ho pianto e ancor oggi mi capita spesso accanto a mamme che soffrono.

La chiamata alla comunione

A Lourdes abbiamo scoperto Sofia nella Chiesa: insieme agli altri diventava possibile a volte cantare il Magnificat. Abbiamo così sentito la chiamata alla comunione, alla solidarietà.
Queste non sono vane parole: vogliono dire impegno e questo cambia la vita; all’improvviso abbiamo visto che non avevamo più molto tempo per i nostri tormenti; bisognava condividere; bisognava essere testimoni dell’amore nella sofferenza. La nostra casa, le nostre braccia si sono aperte.

Trasparenza di Dio

Alla fine della sua vita, Sofia attirava molti amici; anche questo suo irradiare era un mistero; era divenuta — mi è stato detto — «trasparenza di Dio». È vero, era divenuta fonte di forza. Questo non senza difficoltà; siamo genitori come gli altri e ci sono stati dubbi, angoscia, lacrime degli uni e degli altri. Ma a distanza, posso dire ora che Sofia ci ha insegnato a vivere; ci ha rivelato la presenza di Dio attraverso tutto. Ci ha fatto entrare nel mondo della sofferenza umana, ma misteriosamente anche nella scoperta difficile della Saggezza di Dio. Sofia ha «completato a modo suo la sofferenza attraverso la quale Cristo ha operato la Redenzione del mondo».

Ma, mio Dio, com’è duro vivere nella prova soprattutto quando tocca la carne della nostra carne!

di Marie Francoise Heyndrickx, 1986

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.13, 1986

Copertina - Ombre e Luci n.11 - 1986

Sommario

Editoriale

Non vede, non sente, non comunica di Mariangela Bertolini

Dalla disperazione alla speranza di Marie Hélène Mathieu
SCHEDA - Le persone plurihandicappate di Anna Cece
Ora sappiamo che tutto ha un senso di Olga Burrows Gammarelli
Un salsicciotto e tanta acqua  di un papà
"Mio Dio com’è duro vivere nella prova" di M.F. Heyndrickx
Il verdetto dei medici di M.D.
Vede, sente e parla attraverso le mani di Nicole Schulthes

Rubriche

Dialogo aperto n.13

Libri

Emiliana e l’handicap di Cosimo Fornaro
Il bambino non vedente pluri-minorato di E. Ceppi e al.
Il mio bambino a cura della John Tracy Clinic
Disabilita e intervento – “Apprendimento controllo degli sfinteri” Quaderni della Lega del Filo d'Oro, a cura di Nisi e al.

Mio Dio come è duro vivere nella prova ultima modifica: 1986-03-24T12:16:38+00:00 da Redazione

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.